(foto PxHere)

Piccola Posta

La penisola di Larsen e io

Adriano Sofri

Non misuro più la mia scadenza con quella della piattaforma glaciale nell'Antartide. Ma mi ricorda il mio passato

Queste piccole poste toccano i ventiquattro anni, e sono un paziente calendario parallelo della mia parte di vita. Nel febbraio 1997 inaugurai un privato gemellaggio con la penisola di Larsen, appena sotto il circolo Antartico. Un telegiornale aveva annunciato, anche nella mia cella, che “la penisola di Larsen sparirà entro il ’99”. Nel ’99 la mia galera residua ufficiale prevedeva altri sedici anni, di tanto sarei eventualmente sopravvissuto alla penisola di Larsen. “A tutto ciò che esiste è assegnata una fine: ma fra le esistenze cui viene calcolata e annunciata una scadenza, si stabilisce un’affinità particolare. Così mi sono sentito coinvolto dall’annuncio sulla penisola di Larsen, cui faccio gli auguri”.

 

Nel gennaio 2017 arrivarono notizie aggiornate. Una parte della piattaforma Larsen, denominata A, si era dissolta. Una parte B, stabile da 12 mila anni, nel 2002 aveva cominciato a collassare “a una velocità inaudita”, e sarebbe scomparsa a fine decennio. La parte C, la più vasta e stabile, era attaccata alla piattaforma da una striscia di ghiaccio di soli 20 chilometri. “Se si dovesse staccare, l’enorme iceberg finirebbe in mare… Se ciò accadesse, si potrebbe verificare un innalzamento delle acque terrestri, secondo alcuni anche di 10 centimetri. Avevo legato la mia sorte a quella della penisola Larsen e non intendo staccarmene, nonostante il mio effimero piede libero. Finiremo, e le acque saliranno di undici centimetri almeno”.

 

Ieri, dicembre 2020, ho letto le ultime notizie della Nasa su Internazionale. “Nel luglio 2017 un iceberg, A68, il più grande del mondo, si è staccato dalla Larsen e avanza in rotta di collisione con la Georgia del sud. L’iceberg e l’isola hanno dimensioni simili. Se, enorme com’è, resistesse agli ultimi chilometri, ormai meno di 500, di acque meno fredde, e colpisse l’isola o si arenasse nelle sue acque poco profonde, “ostruirebbe le rotte di foraggiamento della fauna, specialmente di pinguini e foche”. Può darsi però che passi a sud dell’isola e cominci a spaccarsi. Ora non misuro più la mia scadenza con quella della penisola di Larsen e dei suoi colossali frantumi, siamo piuttosto agli sgoccioli. Ma mi ricordo della galera. Nessuno potrebbe avere il cuore stretto per il rischio mortale di pinguini e foche come un prigioniero. Nessuno, o forse una ragazza svedese, o un ragazzino della Georgia del sud.

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