AP Photo/Francois Mori, Pool 

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Venduto per trenta denari. Samuel Paty e il volto della Repubblica

Adriano Sofri

La Francia ha ricordato il professore ucciso in una cerimonia alla Sorbona. Nobili dettagli retorici e turbanti dettagli d’indagine: la campagna contro di lui fu grottesca e memorabile

La Francia ha dedicato a Samuel Paty una solenne commemorazione, culminata nella cerimonia con la sua famiglia nel cortile d’onore della Sorbona, e costellata di gesti e parole di buonissima retorica. Così nei quindici minuti di discorso di Macron “Samuel Paty è diventato il volto della Repubblica”. Immagine forte, che evoca e riscatta quella di cui l’assassino si è compiaciuto spiccando dal corpo la testa della sua vittima. Si è evocato Jean Jaurès, e il suo indirizzo ai maestri e alle maestre, letto da un amico di Paty: “Nelle vostre mani sta l’intelligenza e l’anima dei bambini. Bisogna che conoscano qual è il principio della nostra grandezza: la fierezza unita alla tenerezza”.

 

Macron ha menzionato “l’humor e la distanza” (il socialista e pacifista Jaurès fu assassinato in un caffè, la sera del 31 luglio del 1914, alla vigilia della mobilitazione dell’esercito, da un giovane nazionalista, fautore della guerra alla Germania). Nobili dettagli retorici, turbanti dettagli d’indagine. Il diciannovenne assassino ceceno ha chiesto a diversi allievi di indicargli il professore di cui conosceva solo il nome, spiegando il suo proposito: qualcuno l’ha accontentato in cambio di “300, 350 euro” – l’equivalente di trenta denari, al cambio morale corrente.

 

Il dettaglio più grottesco e più memorabile, se è esatto, riguarda il padre di un’alunna che mise in moto una vera campagna contro il professor Paty, accusandolo falsamente di aver chiesto agli allievi musulmani di alzare la mano e imposto di uscire dall’aula prima di spiegare la storia di Charlie Hebdo. Sua figlia, aveva protestato quel tale – che oggi, in arresto, dice che “il terrorista non gli aveva mai comunicato di voler passare all’azione” –, si era sentita discriminata. Sua figlia, scrive sul Corriere il corrispondente Stefano Montefiori, “quella mattina non era neanche presente a scuola”.

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