(foto Ansa)

Piccola Posta

Il voto utile non è solo una tessera ferroviaria. La dilapidazione vanesia del M5s

Adriano Sofri

Oltre i grillini: i casi di Scalfarotto in Puglia e della sinistra in Toscana

La disputa sul Voto Utile infuria alla periferia elettorale, dove le liste restano sotto la soglia. Ma il caso più rovinoso è quello dei 5 Stelle. La loro presentazione autonoma alle regionali (con l’eccezione reticente della Liguria) era a priori una dilapidazione vanesia. Peggio, li ha esposti allo spettacolo contabile della disgrazia. In liste di coalizione l’avrebbero almeno dissimulata. Si sono esposti nudi al famoso verdetto delle urne. Andare soli bersagliando ad alzo zero il resto del mondo era un’impresa voluttuosa. Andare soli stando al governo (ai governi) e sapendo di non essere in gara è solo stupido. Lo scrivo maiuscolo, il Voto Utile, un paio di parole trasformate in uno slogan polemico. E promuovo la coppia di parole contrarie: c’è un argomento in favore del Voto Inutile?

 

 

Tanto tempo fa gli astensionisti, gli intransigenti contrari alla partecipazione elettorale, furono messi in minoranza dai favorevoli che, persuasi anche loro, o simulando di esserlo, del carattere truffaldino della democrazia borghese, rivendicavano tuttavia l’utilità di usare delle elezioni e dell’eventuale conquista di seggi come di una tribuna privilegiata. Quando studiavo queste cose scoprii con allegria che un argomento dei più persuasivi evocato a sostegno della partecipazione era che i parlamentari viaggiavano gratis sui treni, così che avrebbero meglio propagato la verità del socialismo. Voto utile: la tessera ferroviaria. Allora ci si batteva perché i rappresentanti del popolo fossero pagati, e finisse il monopolio della politica da parte dei maggiorenti. Oggi l’argomento della partecipazione elettorale per usufruire di una tribuna è piuttosto superato, salvo resuscitarlo a ripiego dopo una sconfitta secca. Si chiede il voto di elettrici ed elettori per entrare nelle istituzioni rappresentative ed esercitarvi un peso, di maggioranza o di minoranza. Voto utile è quello che autorizza a sperare di entrarci. Inutile è quello che non basta a entrarci. Naturalmente, non si può dire prima come andrà, e meno male. Il tramonto delle fedeltà ideali e delle ideologie ha via via accentuato l’incertezza, il vero e proprio azzardo, delle elezioni, confermato dall’auge e dagli incidenti dei sondaggi. (I quali non sono anticipazioni dei propositi di voto, ma sostituti permanenti del voto, inciampi alla democrazia – che ha bisogno di scadenze e durata – e al governo – che ha bisogno di lungimiranza, perché nel breve periodo siamo tutti tonti). In Puglia, Italia Viva ha mandato allo sbaraglio una persona degna come Ivan Scalfarotto, che vi si è inconsultamente prestato. Il risultato, l’1 virgola qualcosa, è mortificante per lui e i suoi sostenitori, Azione di Calenda e +Europa di Bonino. Scalfarotto aveva dichiarato che per lui Fitto ed Emiliano erano la stessa cosa. E si è ragionevolmente sospettato nella sua presentazione un intento di sabotaggio del centrosinistra di Emiliano a vantaggio di Fitto. Ammessa (senza concederla) l’equivalenza fra le due liste maggiori, il risultato avrebbe comunque avuto un’influenza nazionale. Puglia e Toscana erano la posta della partita nazionale: le erano indifferenti? Il quorum da superare, se non fraintendo, era all’8 per cento. Risultato di Scalfarotto: 1,6 per cento.

 

 

In Toscana. La lista indipendente di sinistra (ce n’erano altre, senza ambizioni) si chiama Toscana a Sinistra. Nelle precedenti regionali era entrata con tre consiglieri, sfiorando il 7 per cento. Rispetto ad allora le mancavano alcune componenti non minori, dunque era facile pronosticare che non avrebbe raggiunto il quorum. La soglia toscana è al 5 per cento. Ha ottenuto il 2,8 per cento, esattamente la stessa percentuale riportata nelle elezioni europee: conservando dunque i suoi voti, ben lontano dalla soglia. Ha condotto una campagna improntata alla dichiarazione che centrodestra di Susanna Ceccardi (e Salvini) e centrosinistra di Eugenio Giani si equivalevano, essendo ambedue destra, e caso mai con una preferenza dei poteri forti per Giani, più affidabile.

 

L’altro cardine della campagna era l’assicurazione che la Toscana non fosse “contendibile”, cioè che al centrodestra fosse a priori preclusa una possibilità di vittoria. I sondaggi che pretendevano il contrario, e che via via si facevano più minacciosi, venivano dichiarati “tossici” e manipolati per eccitare la paura degli elettori tradizionali e fomentare il voto utile. Il guaio è che quei sondaggi facevano almeno altrettanta paura ai loro presunti committenti e strumentalizzatori, come sa chiunque abbia respirato l’aria della fase avanzata della campagna. E’ vero piuttosto che giornali e tv, anche i maggiori e indipendentemente dalle loro ufficiali inclinazioni politiche, avevano sempre più carezzato l’immagine della Toscana in bilico e gonfiato la sorpresa Ceccardi, per ragioni promozionali. La tesi della Toscana “non contendibile” era per sé insensata, dal momento che già nelle elezioni europee il centrodestra aveva superato nel totale dei suffragi il centrosinistra. Il sorpasso era già avvenuto. Ed era avvenuto clamorosamente in 6 capoluoghi toscani, e in città minori ma simbolicamente rilevanti come la Cascina espugnata da Ceccardi – la Cascina che ora se ne è riscattata con gli interessi. Per parte sua, Toscana a Sinistra opponeva il proprio sondaggio che la dava oltre la percentuale a due cifre. 4 settembre: “Noi siamo in doppia cifra, unica realtà in crescita esponenziale, la vera sorpresa di queste elezioni… vogliamo scalzare Ceccardi dal secondo posto”. Si rivendicava dunque aspirante al ballottaggio con la “destra” di Giani. (Domanda: “Ma se si va al ballottaggio, lei con chi si schiera?”. Risposta: “Noi vogliamo andare al ballottaggio con Giani. Il nostro slogan sarà: mandate noi al ballottaggio con Giani”). Alla vigilia, il 18 settembre, il candidato presidente di Toscana a Sinistra, Tommaso Fattori, era felicissimo di annunciare che “Anna Marson, madre della legge 65 sul governo del territorio, e Tomaso Montanari saranno rispettivamente assessora all’Urbanistica e assessore alla Cultura della mia giunta, in caso di vittoria”. Composta com’è di molte bravissime persone, Toscana a Sinistra mostrava palesemente che avrebbe senz’altro preferito una vittoria della destra leghista con un proprio ingresso in Consiglio all’eventualità opposta, quella che si è realizzata. Ma anche all’eventualità di un proprio ingresso con la vittoria del centrosinistra di Giani, cui avrebbe potuto servire l’appello al voto disgiunto (alla sua lista e a Giani presidente).

 

A una lista senza passato istituzionale, messa in piedi da ex esponenti di LeU ed ex dirigenti del Pd e militanti volontari di altri percorsi sociali e professionali, e associata alla coalizione di Giani, “Sinistra Civica Ecologista”, la campagna di Toscana a Sinistra ha rivolto accuse sprezzanti: quella lista l’ha superata, raccogliendo in regione il 2,96 per cento – caso Dorando Petri, dato che il traguardo per le liste in coalizione era al 3 per cento – e superando a Pisa il 10 per cento. Un suo candidato, amatissimo primario di anestesia e rianimazione alla vigilia della pensione e da sempre uomo di sinistra, ha raccolto più di 5.400 preferenze. Il neopresidente Giani ha annunciato che una persona della lista sarà nella sua giunta. La morale era già nota. C’è un’altra frase fatta, strafatta, associata al Voto Utile. “Ho sempre votato turandomi il naso, questa volta basta”. O, variante: “Giuro che è l’ultima volta che cedo al ricatto del voto utile”. Il fatto è che il Voto Utile (e sinonimi, il Meno Peggio eccetera) è il senso della scelta elettorale, quando si tratti di due schieramenti o di due candidati. Trump e Biden, per esempio. Ceccardi e Giani. Quando è così, non si vota il meno peggio per l’ultima volta: lo si vota sempre. Tomaso Montanari aveva trovato “politicanti” i miei avvertimenti in campagna elettorale. Il suo commento al risultato si intitola: “Che brutto risvegliarsi in un’Italia con meno democrazia”. E si conclude: “E’ sempre più evidente che la ‘Sinistra che non c’è’ non nascerà in prossimità di elezioni e istituzioni. Occorre battere strade più lontane, più impervie”. Infatti. E’ bello svegliarsi.

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