Colpevoli di “razza ebraica”

Adriano Sofri

Nel volume di Annalisa Capristo e Giorgio Fabre l’elenco dei 725 dipendenti “in pianta stabile” della pubblica amministrazione italiana cacciati perché ebrei

Annalisa Capristo e Giorgio Fabre hanno pubblicato in volume, col titolo “Il registro”, per il Mulino, l’elenco dei 725 dipendenti “in pianta stabile” della pubblica amministrazione italiana cacciati perché colpevoli di essere “di razza ebraica”. Più di 50 fra loro sarebbero stati assassinati ad Auschwitz. L’elenco, completo di date di assunzione in servizio e cessazione, cognome e nome, qualifica e “note” relative, è tratto dai protocolli della Corte dei Conti 1938-1943, conservati presso l’Archivio Centrale di Stato. Mancano i dipendenti non “in pianta stabile”, il cui calcolo è molto più arduo. “I dissolti”, li chiama Michele Sarfatti, e in una breve prefazione osserva come ci si sarebbe aspettati che una pubblicazione come questa venisse commissionata dallo Stato o dall’Università italiana, a ridosso delle commemorazioni e delle assunzioni di responsabilità a 80 anni dalle leggi razziste: non è successo, e la ricerca si è valsa del patrocinio dell’Università sanmarinese.

 

  

 

L’introduzione degli autori sottolinea il contributo burocratico dato dalla pubblica amministrazione alla persecuzione antiebraica – un tratto di matita rossa contrassegna i reietti, maestre elementari, “sanitari”, magistrati, interpreti, bibliotecarie, direttori di carceri, maestri di violino o di canto, operai della Zecca e operaie dei Tabacchi, impiegati postali, consiglieri della stessa Corte dei Conti…– e ricostruisce alcune più drammatiche vicende personali, o più rivelatrici dell’ottusità o del cinismo degli esecutori.

 

Una è ripresa da Adriano Prosperi nel saggio che conclude il libro: è il caso del commissario di polizia Cammeo. “Proprio il 2 marzo 1938, all’inizio di un burocratico ‘censimento razziale’ nella polizia, Benito Mussolini scorrendo la lista vide un nome a lui noto, quello di Guido Cammeo. Era stato lui che, a capo di un drappello di guardie regie e di poliziotti, aveva aperto il fuoco contro gli squadristi che assaltavano la Camera del Lavoro di Modena il 21 settembre 1921. Otto fascisti erano rimasti uccisi. Cammeo finì sotto processo ma ne uscì assolto e rimase nella polizia, sia pure pagando con una carriera tormentata. Era ebreo. Mussolini aveva con gli ebrei un odio antico ma sapeva aspettare. In quel 1938, aveva deciso che era arrivato il momento. Nello spazio di pochi mesi diede avvio a una febbrile campagna di conversione degli italiani al razzismo… Già durante e dopo la guerra d’Etiopia i rapporti con i popoli africani erano stati oggetto di discriminazione razziale. Adesso veniva allo scoperto ufficialmente con l’antisemitismo”. Bruciando le tappe, pur frenetiche, del censimento e delle leggi di espulsione, Mussolini intanto regolò la partita con Cammeo, firmandone l’odine di collocamento a riposo già quel 2 marzo, reso esecutivo da Bocchini il 2 settembre. “La violenza dell’atto contro Guido Cammeo fu quella del tiranno inquieto, ossessionato da pensieri di vendetta”.

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