Particolare di un mosaico all'interno della Villa. Foto di Jerzy Strzelecki via Wikimedia

La Scomparsa delle Nocciole

Adriano Sofri

Visita alla Villa romana di Piazza Armerina tra magnifici mosaici, ricordi di lucciole e rabdomanti 

Ho visitato i mosaici della Villa romana di Piazza Armerina nell’allestimento che non conoscevo, col privilegio di essere guidato da Sebi Arena. Il quale è un medico umanista, ha 71 anni, li ha impiegati a curare il prossimo e a sviluppare il proprio talento di poeta, antichista, ambientalista, micologo, antropologo e attivista politico. Ora so molte cose della Villa romana, del suo formidabile impianto idraulico, dei suoi affreschi, della sua conservazione grazie a un disastro alluvionale. Dei mosaici m’era rimasto un ricordo da cartolina illustrata, le ragazze atlete in bikini, il Polifemo con tre occhi. Ma poche Grandi Opere possono competere con la magnificenza del corridoio della Grande Caccia: 66 metri per 5 di scene di cattura di ogni genere di fiere e altri selvatici africani e asiatici da imbarcare per i giochi del Circo a Roma. Ci sono anche episodi di resistenza e di rivalsa degli animali sui cacciatori. La figura più turbante è quella della grande tigre attratta dalla propria immagine nello specchio che rimpicciolisce, facendole credere di aver trovato un cucciolo di tigre. Degli innumerevoli inganni che gli animali umani hanno escogitato per impadronirsi degli altri animali questo forse è il più ingegnoso, certo il più maligno.

Sebi mi ha messo di buonumore raccontando che le coperture di protezione dei mosaici dalle intemperie – rinnovate pochi anni fa – hanno fatto i conti con le intemperanze umane, perché a ogni visita di Autorità, inteso come Autorità dall’assessore di paese in su, si rovesciavano secchiate di acqua sui mosaici perché bagnati luccicassero meglio. Poi c’è la inderogabile questione delle lucciole. A pag. 105 del mitico libro del dottor Arena, “Muntraöngh” (Monte Naone, nel gallo-italico di Piazza), si fa il punto sulle lucciole: “Ormai da queste parti sono una rarità, ma dove i pantani e le acque erano abbondanti, i contadini, nella loro antica saggezza, nella magica notte di San Giovanni, si cimentavano a interpretare il volo. A seconda del baluginio generato dalla loro danza si indovinavano le fortune o le sfortune dell’anno agricolo. Se le lucciole volavano troppo vicino ai fossi si sarebbe avuta un’estate torrida e siccitosa, se volavano lambendo i rami delle siepi e cioè si portavano verso l’alto, l’estate sarebbe stata fresca e piovosa. A mezzanotte i rabdomanti tagliavano dai noccioli e dai salici i rami boforcuti per la loro bacchetta divinatoria…”. Piazza Armerina era fiera delle sue nocciole come Bronte dei pistacchi: poi la Ferrero trovò più conveniente la Turchia. Sia dunque consacrata, questa piccola posta, come l’Articolo della Scomparsa delle Nocciole.

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