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Sempre meno sepolcri dietro di noi

Adriano Sofri

I resti di desaparecidos seppelliti in terra e in mare, i padiglioni di Srebrenica e le fosse comuni di yazidi in Kurdistan, il mar Mediterraneo. Nomi e storie resteranno ai vivi di turno

Da ragazzo, nell’età in cui si vuole distinguere la propria intelligenza e la propria volontà da quelle degli innumerevoli altri che la vita dissemina sulla terra, lessi i Sepolcri e fui turbato da quei versi: “Che distingua le mie dalle infinite Ossa che in terra e in mar semina morte”. Dunque il desiderio di distinzione valeva anche per i morti e anzi là diventava pietoso e davvero umano. Mi sono imbattuto negli archeologi contemporanei che disseppelliscono resti di desaparecidos in terra e in mare argentini o nei padiglioni di Srebrenica o nelle fosse comuni di yazidi in Kurdistan. Ho sentito Cristina Cattaneo parlare del proprio lavoro e dei libri in cui l’ha raccontato: l’ultimo, Naufraghi senza volto, Cortina ed. Cattaneo è nata nel 1964, è medico legale e dirige il Laboratorio di antropologia e odontologia forense (Labanof) dell’università di Milano. Dal 2013 il suo impegno è stato soprattutto assorbito dallo studio delle migliaia di ossa seminate in mare, nel Mediterraneo, e rimaste senza nome e senza storia. Penso che lasceremo sempre meno sepolcri dietro di noi: economia di spazi. Nomi e storie resteranno ai vivi di turno. Migranti europei portano addosso un sacchettino con un pugno di terra del proprio paese. Ossa e terra che in mar semina morte.

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