Operazione di salvataggio di 433 migranti al largo della costa libica (foto LaPresse)

Rileggere Sandro Margara per capire la versione odierna del leghismo

Adriano Sofri

Un convegno a Firenze e gli appunti di un autore lungimirante

Firenze ha ospitato, l’8 e il 9 scorsi, un convegno affollato (per una volta scriverei volentieri: sovraffollato) dedicato a “Carcere e giustizia, ripartire dalla Costituzione”. “Rileggendo Margara”, completava il titolo. Sandro Margara, autore lungimirante e affabile della magistratura di sorveglianza, parlava del carcere dopo Cristo: intendendo non dopo la nascita, ma dopo la scomparsa di Cristo. E’ morto nel 2016 dopo una lunga vita dedita alla giustizia, al riscatto delle galere, dei detenuti e, impresa non meno ardua, dei carcerieri. Riporto qui un paio di passi di Margara riletto da Beniamino Deidda, già procuratore generale a Firenze e suo amico.

 

“Rileggere Margara non riguarda solo il nostro passato o le cose che Sandro ha realizzato nella sua lunga vita. C’è un suo testo del 2009, scritto non per essere pubblicato, ma solo per annotare alcune riflessioni. /…/ A Sandro è stata risparmiata l’odierna versione del leghismo. E tuttavia dieci anni fa scriveva: ‘Ci sono rappresentanti politici che, con la terminologia classica del razzismo e spesso del più rozzo ed esplicito, hanno dichiarato le loro intenzioni: cacciare, perseguire gli immigrati arrivati nel nostro paese, impedire la loro integrazione, sbarrare le frontiere il più efficacemente possibile. Se questa è la scelta politica esplicita, le leggi che l’attueranno non potranno che essere discriminatorie. E ancora: Una caratteristica del razzismo è la quantità delle giustificazioni che è capace di darsi e la condivisione delle stesse da parte delle comunità. Ma il razzismo configura una situazione oggettiva nella quale il senso di umanità si degrada perché afferma la superiorità del cittadino rispetto allo straniero… e la convinzione che il territorio è nostro, sono nostre le case, il lavoro, i servizi, i diritti, il futuro.

 

Certo Sandro non poteva immaginare che la politica sciagurata del nostro governo facesse morire annegati o tenesse sequestrati per giorni su una nave decine di poveri disgraziati dalla pelle nera. Negli ultimi anni è stato incessante il suo appello ad una politica più umana: indicava soluzioni e soprattutto additava la via della saggezza costituzionale, non solo per il carcere e i detenuti, ma per tutti i disgraziati, gli emarginati e i diversi. E da ultimo ha lasciato scritto: Dunque: vogliamo non cogliere le possibilità che si trovano nelle vite sbagliate, ma che possono avere ancora un percorso? Vogliamo fermare il responsabile al suo delitto, sotterrare i suoi talenti, i nostri talenti, dati a noi per fare rendere ancora i suoi? Possiamo farlo, possiamo optare per una società punitiva, […] che vuole mietere dove non semina, che vuole un risultato senza dare nulla di sé. Ma la società a cui pensiamo, che noi vorremmo per noi… non dovrebbe essere una società educativa, che spende i propri talenti e li spende anche per fare fruttare quelli di tutti? Questa società partecipa al dolore delle vittime, si fa carico di esse, ma sa che non può ignorare e dimenticare i colpevoli; sa, in particolare, che farsi carico delle vittime è qualcosa di più e di diverso e di più responsabile che punire più duramente e ciecamente i colpevoli”.

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