Un membro del partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) con un fucile automatico su una strada nelle montagne di Qandil, il quartier generale del Pkk nel nord dell'Iraq (foto LaPresse)

La complicata questione della taglia sui tre capi del Pkk

Adriano Sofri

Il partito curdo e l’esercito che gli fa capo hanno un legame strettissimo con i curdi siriani, i veri alleati degli americani nella guerra contro lo Stato islamico

Sulla scia di un incontro con il famoso alleato turco, il Dipartimento di stato ha annunciato di aver posto una taglia su chiunque fornisca notizie utili a catturare tre capi del Pkk, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, già sulla lista delle organizzazioni terroriste degli Stati Uniti e di gran parte dell’Europa. I celebri capi militari e politici del Pkk fatti segno di un simile “onore” – così lo prenderanno – sono Murat Karayilan, 5 milioni di dollari, Cemîl Bayik, 4 milioni, Duran Kalkan, 3 milioni. Taglie ragguardevoli, come si vede. Si tratta ovviamente di un regalo a Erdogan, magari in compenso della liberazione di un pastore americano incarcerato da tempo, che stava a cuore a Trump.

 

Peraltro è difficile credere che la cattura dei tre leggendari comandanti militari e politici del Pkk sia resa più facile dalla taglia: i loro seguaci sono poveri e poverissima è la gente dei villaggi, curdo-turchi o curdo-iracheni, in cui si muovono, ma le offerte agli eventuali traditori non erano mancate, né le minacce.

 

La questione, anche se restasse solo simbolica, ha però una complicazione enorme, perché i tre e il loro partito e l’esercito che gli fa capo hanno un legame strettissimo con i curdi siriani, quelli di Kobane e della liberazione di Manbij e Raqqa e della conquista e cacciata da Afrin, che sono stati i veri alleati degli americani nella guerra contro lo Stato islamico, e restano i soli alleati su quello scacchiere esplosivo in cui ha preso da tempo il sopravvento la coalizione sciita-alauita, Bashar el Assad, Hezbollah, milizie iraniane e irachene, e i russi al comando.

   

Può darsi che gli Stati Uniti, ammesso che ci sia un qualche ragionamento dietro le decisioni che vanno prendendo, si propongano di separare davvero i combattenti curdo-siriani del Rojava dal partito-padre (madre, preferirebbero) Pkk: ipotesi che si direbbe improbabilissima. Può darsi, ed è l’ipotesi peggiore, che precostituiscano una situazione in cui il tradimento degli scarponi-sul-suolo curdi si trovi un pretesto. Taglie analoghe sono oggi imposte dal Dipartimento di stato su 25 persone, jihadisti, qaedisti, capi talebani, agenti di Hezbollah e uno di Hamas, contrabbandieri di petrolio e antichità per l’Isis, gli autori ignoti dell’uccisione di un americano in Yemen.

  

È la prima volta, notano i commentatori, che la taglia viene posta sul capo di persone che non hanno attentato alla vita di cittadini americani né rivolto loro minacce. Il sito del Dipartimento di stato cita un rapimento nel 1993 di 19 turisti, di cui uno americano, che furono tutti rilasciati illesi, e due americani feriti in un’esplosione del 1995, che non erano fra i bersagli. Pretesti. La mossa americana arriva oltretutto quando si moltiplicano le minacce turche di nuovi interventi oltre confine tesi a punire i curdi del Rojava, come poterono fare impunemente ad Afrin.

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