La Marmolada

Vette d'Europa

Adriano Sofri

Il ridicolo gioco frontaliero offre ogni giorno spunti nuovi. Tra inutili passerelle e targhe dei bei tempi

Tornano in auge le frontiere, spesso con sprezzo del ridicolo. L’Austria offre la doppia cittadinanza ai sudtirolesi un giorno sì e un altro anche, ma un po’ meno, e fissa date imminenti, ma non tanto – nel ’19-’20, forse. Poco fa era così edificante commemorare insieme, Austria e Italia, i mucchi di caduti della Prima Guerra, a Redipuglia e altrove. Pochissimo fa si annunciavano e disdicevano e riannunciavano carri armati al Brennero. L’Italia sovranista di Salvini e l’Austria sovranista di Kurz sono alleatissime: anche l’Italia e l’Austria nazionaliste del 1915 erano alleate, e anche l’Italia e l’Austria delle opzioni del 1939, quando si poteva scegliere, o restare di qua col fascismo o passare di là col nazismo. Dietro le tragiche buffonate c’è anche qualche bello spirito, di quelli che la celebrata storia archivia come comparse pagliaccesche o lungimiranti statisti, capace di immaginare un tale sfaldamento geopolitico dell’Europa che i confini possano davvero essere ridisegnati, e piazza un doppio passaporto come una mina a tempo. L’auge dei confini è contagiosa.

 

Ora è la volta (ennesima peraltro) della Marmolada, abbellita dalle nuove nevi, e contesa fra Veneto e Alto Adige, cui è stata assegnata dall’Agenzia del territorio dopo un lungo viavai. Ci si batte per la Quota 3.309, Punta Rocca, punto d’arrivo della funivia dalla Malga Ciapela (cima più alta Punta Penia, 3.343 metri), versante veneto, insidiata dall’eventualità di una funivia concorrente dal versante di Canazei. Sicché la maggioranza sovranista-leghista del Veneto, guidata dal governatore Zaia, si è arrampicata, per così dire, fino ai 2.950 metri del Museo della Grande Guerra per piantarci bandiere venetiste e votare di “difendere la terra che hanno l’onore di rappresentare”. Il Pd non si è arrampicato, decisione saggia se non corrispondesse all’attuale universale contumacia di quel partito. Ha denunciato l’“inutile passerella”, evocando senza volere l’“inutile strage”. Giochi di proporzioni, cannocchiali da cecchini invertiti.

 

Immerso come sono in queste magnifiche altitudini, vedo che il gioco frontaliero della bambola russa ha altri capitoli gustosi. Per esempio il rifugio alpino più a nord d’Italia, sulla Vetta d’Italia, fu ceduto dalla Guardia di finanza alla provincia autonoma di Bolzano, ma i finanzieri dissidenti si tennero la chiave impedendo alla provincia di accedere: non so come sia andata a finire e non mi interessa tanto. Però mi ha ricordato un’altra storia, tutta un’altra. Il precedente è questo: nel 1904 il fanatico irredentista, poi fanatico fascista, Ettore Tolomei, l’autore del “prontuario” che italianizzò creativamente l’intera toponomastica sudtirolese, più di 8 mila nomi, scalò il Glockenkarkopf (2.912 m.), allora in territorio austriaco, pretese (a torto) di essere il primo, e lo ribattezzò “Vetta d’Italia”. L’altra storia è questa, che nel 1989 Alexander Langer e un gruppo di sue compagne e compagni ambientalisti austriaci e italiani salirono, in una allegra nevicata, sul Glockenkarkopf e lo chiamarono col doppio nome di Cima d’Europa/ Europagipfel. Fu fissata una targa che diceva: “Europaspitze-Friede den Menschen, Bruderschaft mit der Natur/Vetta d’Europa-Pace tra gli uomini e con la natura”. L’Europa, la pace tra gli umani e con la natura: che tempi, eh? Volavano ancora gli aquiloni.

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