Un concerto dei Donatori di musica a Bolzano (foto www.donatoridimusica.it)

Donatori di musica

Adriano Sofri

Le sale d’attesa dei reparti oncologici trasformate in sale da concerto. Una storia da Bolzano

Sono in Alto Adige-Südtirol, sto raccogliendo qualche fungo (finferli, pochi, autorizzati) e parecchie storie. Di quella che racconto oggi ho avuto il privilegio di partecipare: i concerti dei “Donatori di musica” all’Oncologia dell’ospedale di Bolzano. E’ una storia cominciata dieci anni fa a Carrara grazie a Maurizio Cantore e Gian Andrea Lodovici. A Bolzano la promosse il primario, Claudio Graiff, proponendosi di “trasformare le sale d’attesa in sale della musica e della conversazione”.

 

La sala d’attesa trasformata in sala della musica è ora intitolata a Carlotta Nobile (1988-2013), violinista, scrittrice, storica dell’arte, e amica, che della malattia e della musica donata e condivisa era stata la più preziosa interprete. Venerdì scorso, in uno dei numerosi concerti annuali riservati a pazienti e accompagnatori, tenuti da musicisti prestigiosi senza alcuna pubblicità, era la volta della pianista (e musicologa) Chiara Bertoglio, che ha suonato gli otto Improvvisi, op.90 e op.142, di Schubert. Illustrandoli prima, forse tenendo conto dell’incombenza di monti e boschi. Non aspettatevi, ha detto, che Schubert vi porti d’autorità lungo un itinerario stabilito fino al suo traguardo, come fa Beethoven. Aspettatevi piuttosto qualcosa come un camminare nel bosco, lasciandovi portare dalle occasioni, per digressioni, ritorni sui vostri passi, andirivieni, senza una meta che non sia il cammino stesso.

 

E’ andata così: bellissimo concerto, per pochi, tuttavia con una intensità davvero speciale. Caminante no hay camino, se hace camino al andar. Non so se il “miracolo” che la giovane Carlotta Nobile descrisse, in parole che tengono a una distanza, possa essere trasmesso o emulato – ne dubito. A lei successe: “E succede così, in un attimo. In un attimo capisci che non importa quante cose hai fatto nella tua vita, ma che avere il cancro e avere l’opportunità di viverlo e combatterlo è la cosa di cui sei più orgogliosa nella tua esistenza! E capisci che la vita non ti è mai sembrata così straordinariamente meravigliosa, unica, imprevedibile, brillante, preziosa, piena, ricca, che il tuo respiro non era mai stato così consapevole, che ogni più piccola emozione non aveva mai avuto in te una tale grandissima risonanza. E capisci che avere il cancro è il tuo vero orgoglio, il tuo vero stendardo, la tua vera opportunità di crescita. E capisci che se davvero serviva tutto questo per guarire nell’anima, allora le tribolazioni del corpo saresti disposta a viverle altre mille volte!”

 

Non so nemmeno fin dove sappia arrivare il proposito di Graiff e dei suoi collaboratori e dei grandi musicisti e dei loro ospiti e interlocutori, “i pazienti”: l’eccellenza della medicina fusa con una ricerca di eccellenza umana. Ascolto la musica, ho (avuto?) un cancro: so che ne vale la pena. Nel 2013 ai “Donatori” venne assegnato il Premio annuale della Fondazione Alexander Langer. Diceva fra l’altro: “La presenza nel reparto dei musicisti, un pezzo di mondo dal quale i pazienti sono stati esclusi o si sono lasciati escludere, ha consentito – dicono i Donatori – una ‘rivoluzione imbarazzante’ per la sua semplicità: iniziata dalla consapevolezza che ognuno è nello stesso tempo sano e malato, spesso in transito da una condizione all’altra, la rivoluzione è approdata alla scoperta che non necessariamente il paziente è la figura che chiede e riceve, può altrettanto bene essere quella che offre e dà. In questo scambio, l’artista porta la sua musica, gli operatori le proprie conoscenze, i malati il proprio sapere: esperienza del dolore, ma non soltanto, anche storia della vita che si è vissuta e si spera di tornare a vivere”.

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