Matteo Salvini ospite a Domenica Live. Foto LaPresse

La politica e la vita

Adriano Sofri

E’ impossibile fare finta che la televisione non esista, con i suoi dettagli da cui trarre lezioni

Non c’è più una sola trasmissione televisiva che non approfondisca nei minimi dettagli la condizione politica del paese e il suo futuro. Mai la politica ha sbaragliato così pienamente ogni altra concorrenza nello spettacolo pubblico, altro che crisi o rigetto. Mettete di trovarvi in un posto in cui non siate voi a governare il telecomando: se non cedete alla disperazione dovrete confidare nel dettaglio, in cui può celarsi l’eccezione imprevista alla ripetizione ottusa.

 

Poco fa per esempio – scrivo nel primo pomeriggio di giovedì – mi ha rianimato di colpo un insetto che camminava lungo la cucitura della spalla della giacca azzurra di Massimo Giannini, partito dal colletto e scomparso nel precipizio della manica e poi chissà, perché l’intervista è finita e Giannini si è agilmente accomiatato. L’altra sera c’era Salvini in completo azzurro camicia azzurra e cravatta in tinta che è stato preso in diretta da un attacco di sudore impressionante, chiazze madide che si allargavano a vista d’occhio sulla camicia, incontenibili dalla giacca via via più abbottonata, finché a Salvini, tipo sveglio, non è restato che rivendicare l’inondazione e prendersi un pietoso applauso e la promessa di una camicia di ricambio da parte di Floris, per affrontare la prossima intervista della serata. Così allagato di sudore Salvini era ancora più simile a un vicecapo dei cattivi in un western spaghetti degli anni Sessanta, e più inverosimile nella parte di beniamino delle famiglie che gli anni correnti gli hanno cucito addosso, felpa e camicia. La politica non è questa roba, direte: macché, è questa roba, e anche se vi troviate in un luogo in cui potete spegnere la televisione e uscire a rimirar le stelle, le miriadi intendo, continua a essere quella roba: spegnere il vostro televisore è come mettersi la manina sugli occhi e gridare alla mamma: Non mi vedi, non mi vedi. Ora forse siamo al punto del rapporto fra 5 Stelle e Pd. Se il Pd esistesse e avesse un’intelligenza collettiva potrebbe misurarsi serenamente e perfino con allegria con un simile rapporto. Il Movimento 5 stelle sfrutta oggi un successo sovrabbondante di posti ottenuti e ancor più di posti messi a concorso nel futuro, che lo rende provvisoriamente più riparato dalle crisi e allettante come una colossale impresa di collocamento. Ma nel medio termine, diciamo così, è molto più esposto all’implosione, come ha mostrato il mese e mezzo di teatro postelettorale, il trasporto per la Lega di Salvini, la leggerezza dei cambi di programma e anzi di collocazione internazionale, cioè di concezione del mondo, eccetera.

  

Chi teme che in un rapporto fra 5 stelle e Pd sia il Pd a rischiare di essere masticato e risputato ha torto: sarebbe più probabile il contrario. Però a quella condizione, dell’intelligenza collettiva. Nel Pd e in genere a sinistra sembrano muoversi (o star ferme) due tendenze opposte. Una è quella ad addossarsi in pieno l’enormità della sconfitta e a rimescolare carte e collocazioni, dando i confini per bruciati dalla stessa portata della sconfitta rispettiva. Questo è vero con più cautela per i notabili restati nel Pd o passati a Liberi e Uguali, con più franchezza in militanti e gruppi più giovani e disinteressati, come quelli convocati da Peppe Provenzano e i suoi amici (per esempio, si ricordi, Emanuele Macaluso) che hanno riscosso un’imprevista attenzione mediatica, della cui volubilità sanno sorridere, e però anche un’aspettativa fra le persone. Il Pd che si definisce ed è renziano, invece, sembra attirato soprattutto dalla propria saldezza interna e forse dà per irrimediabile la propria distanza “antropologica” (si diceva così) dalla sinistra erede della sinistra. Si può descriverne la posizione come immobilista, ma non è impensabile che stia esercitandosi da fermo a prendere una propria strada anche formalmente separata. A me dispiacerebbe che fosse così e che un tipo sveglio e svelto come Renzi traesse dai propri errori la convinzione di non essere in grado di non ripeterli all’infinito. Questo quadro comunque dà qualche ragione di curiosità alla cronaca prossima. Se no, guardiamo con un occhio, come i vecchi cani. Può sempre sbucare un insetto nella cucitura di una giacca ad annunciare la vita.

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