Valeria Fedeli (foto LaPresse)

No, il ministro Fedeli non ha fatto un errore di grammatica. Ecco perché

Adriano Sofri

Cari correttori pedanti, andate a quel paese. Ecco qualche possibile interpretazione dell'ormai celebre “sempre più migliori” pronunciato dal ministro

Si arrangi lei, la signora Valeria Fedeli, io vorrei mandare a quel paese i suoi correttori. Fedeli, con la quale non ho dimestichezze private, mi sembra una donna in gamba: la ascoltai in occasioni drammatiche come certi disastri nei capannoni di Prato, la lessi a proposito della storia delle donne nelle istituzioni repubblicane. Molto in gamba. Non saprei dire di lei come ministro perché non ne so. Fedeli ha detto “sempre più migliori”, eccitando un universale scandalo. In molti hanno commentato: ecco che cosa succede a mettere a capo dell’istruzione pubblica una donna non laureata. Questi commentatori evidentemente sottintendono che chi abbia un diploma da maestra di scuola materna e uno da assistente sociale non debba sapere che non si dice più migliore. Altri commentano: ecco che cosa succede a mettere a capo eccetera una sindacalista della Cgil. Come se i sindacalisti della Cgil non sapessero che non si dice più migliore, salvi i casi magnanimi in cui le / i sindacalisti della Cgil siano lavoratrici o lavoratori intelligenti e capaci che parlino una lingua, non so, a Pozzuoli, che dica efficacemente che una clausola contrattuale è “cchiù meglio assaie” di un’altra. Ora dunque Valeria Fedeli in un discorso scritto e intervallato da considerazioni improvvisate, ha letto: “… perché offrono percorsi di assistenza sempre più migliori a studenti e studentesse”. Io, che non sono maramaldo, immagino due circostanze che spieghino l’errore madornale di Fedeli, della quale do per scontato che sappia che non si dice più migliore. (Si dice bensì meno peggio, contraddizione apparente alla quale esorto gli italiani, specialmente alla vigilia di elezioni orribili).

  

 

Una possibilità è che quel “sempre più” sia un maldestro inciso, tra due virgole, maldestro per la posizione nel periodo che induce la lettrice a pronunciare il più vicino al migliore. Un’altra possibilità è che la mescolanza di letto e parlato abbia tradito la lettrice-parlatrice che avrebbe detto “sempre più adeguati”, o “sempre più ricchi”, o sempre più qualunque altro aggettivo di grado positivo, e si sia trovata poi a completare il suo “sempre più” con il malcapitato “migliori”. Ritenete cavillosa, gratuita, pretestuosa questa interpretazione? Ah, be’, fatti vostri: io leggo e ascolto sui giornali, alla radio, in televisione, tanti strafalcioni grotteschi e destinati a far razza, commessi prodigalmente dai censori di errori altrui, che mi torna in mente un vecchio venditore di semini dolcetti e corbezzoli agli scolari di un secolo fa, di cui mi fu raccontato, uomo risentito ed esacerbato, cui un gran vento un giorno fece volar via dal banchetto i cartoccini con le sue merci e lui le inseguiva invece che per raccoglierle per calpestarle furiosamente esclamando: “Bene! Così mi inasprisco!”. Così io leggo i giornali, non di rado anche dei libri, e ascolto la radio e guardo la televisione: così mi inasprisco. Ma voi che mi leggete (ce n’è almeno uno o una che mi legge, vedo dal sito, perché clicca Mi piace, e non sono io, vada a lei o a lui il mio saluto) e non fate errori, mai, e siete magari inflessibili con la signora Fedeli e la sua laurea mancata e graziosamente vantata, prima di prendere alla leggera la mia interpretazione del “sempre più migliori”, eseguite le seguenti due operazioni. A: cercate su Google, Treccani, sinonimi, “Vieppiù”; troverete “ancor più, sempre più”. Bene, ora, B: cercate su Google fra virgolette, che ve lo dia testuale, “vieppiù migliori”. Troverete una quantità di ricorrenze, a firma di autori letterari o scientifici affidabili assai. Come mai? Perché in Vieppiù, formato da via e più, il più è chiaramente riferito al via e non al migliori: analogamente al più riferito al sempre e non al migliori della signora ministro, che però il sempre e il più distanziati e la lettura di parole probabilmente scritte da altri hanno indotto a pronunciare con il più vicino al migliori, e voce dal sen fuggita più richiamar non vale.

 

A proposito, pedanteria per pedanteria, cercate finalmente su Google “più meglio”, e troverete un bravo professore che avverte: “Quanto al popolarissimo ‘più meglio’, non manca un es. di Fogazzaro (1881): ‘Potevano metterci nome l’Alpe del diavolo ch’era più meglio’, e uno del ’500 di F. Belo (1529): ‘E lo mio è più meglio’”. Concludo con una citazione di Arbasino 2010, che aveva anticipato e scavalcato il probblema (non toglietemi le due b, siate gentili, è Natale): “Sarà un segno dei tempi, la diffusione crescente del ‘più deteriore’? A scuola ci si insegnava che è un comparativo, come ‘peggiore’; e dunque anche ‘più peggiore’ è uno sbaglio di grammatica. Ma per dare un filo di speranza agli italiani, non si potrebbe tentare qualche ‘più migliore’?”. Ecco: tentammo.

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