Forze di sicurezza israeliane presidiano la Porta di Damasco, a Gerusalemme (foto LaPresse)

Gerusalemme e la profezia gerosolimitana che muove Trump

Adriano Sofri

La storia serve a rimettere al suo posto la pretesa di certificare “chi per primo”, “chi più a lungo”, “chi più santamente”, abbia abitato Gerusalemme

Einaudi ha appena tradotto, con una fortunata coincidenza, “Gerusalemme. Storia di una città-mondo dalle origini a oggi” (326 pp., 30 euro; l’edizione francese è del 2016). Ha un curatore, Vincent Lemire, e altri tre coautori, Katell Berthelot, Julien Loiseau e Yann Potin. Muovono da un “paradosso apparente”: che Gerusalemme sia così piena di memorie da essere una città senza storia. “La storia a Gerusalemme si è lasciata seppellire sotto il cumulo delle memorie”. I paradossi non vanno mai soli, sicché Gerusalemme vi appare anche come “una città senza geografia”: la geopolitica usurpa “la topografia, il rilievo, il clima e il suolo, la disposizione dei quartieri urbani, il loro popolamento”, la carta dei luoghi, strade, monumenti, colline, vallate, sorgenti, rocce, grotte, mura, cimiteri soppiantata da una carta militare o da un paesaggio folclorico. Riscattando storia e geografia gli autori hanno l’ambizione di offrire un racconto nuovo della città-mondo e in particolare degli scambi fra le tre tradizioni monoteistiche. Non so se ci siano riusciti, ma so per esperienza che il viaggiatore effimero ed emozionato si lascia davvero sopraffare dalle memorie di Gerusalemme: storia e geografia possono aspettare, tanto più che sembrano spettacolarmente compresenti nel breve spazio della Città Vecchia.

 

La storia, ecco l’altro paradosso, serve a rimettere al suo posto la pretesa di certificare “chi per primo”, “chi più a lungo”, “chi più santamente”, abbia abitato Gerusalemme e dunque meriti di possederla. Oggi gli analisti politici spiegano che Donald Trump muove l’ambasciata per compiacere non tanto il suo supposto seguito ebraico quanto il suo ingente seguito evangelico, persuaso che la soggezione di Gerusalemme a Israele adempia alla profezia. Appena poco fa un grande paese come l’Iran era in mano a un primo ministro pezzentista come Ahmadinejad che, da sindaco, aveva cura di tenere sgombro un viale di Teheran per l’imminenza del ritorno del dodicesimo imam scomparso undici secoli e mezzo fa. Oggi un grandissimo paese come gli Stati Uniti è in mano a un presidente bilionario come Trump che regola le sue mosse sugli attendenti della profezia gerosolimitana. Forse la fine dei tempi è davvero vicina.

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