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Sui curdi è difficile capire dove vadano a parare Europa e Stati Uniti

Adriano Sofri

Marcon ha ricevuto Barzani a Parigi. Tra le sue condizioni c'è quella di sciogliere le milizie di Hashd al Shaabi, che significa sciogliere lo stato iracheno

Macron, ricevuto a Parigi il primo ministro del Governo regionale curdo Nechirvan Barzani, ha esposto la propria posizione: le milizie irachene devono essere sciolte, incluse quelle Hashd al Shaabi; le entrate dell’Iraq devono essere divise equamente tra i popoli dell’Iraq; l’articolo 140 sulle aree contese deve essere attuato. Di queste tre condizioni, le ultime due corrispondono alle aspettative curde (la prima le eccede): che il bilancio iracheno destini al Kurdistan il 17 per cento, com’era in passato, mentre Baghdad vuole ridurre la quota al 12,4 per cento; e che il destino delle cosiddette aree contese, a cominciare da Kirkuk, sia deciso per referendum e impedendo che nel frattempo si attui una sostituzione forzata della popolazione curda a vantaggio di quella araba. A lasciare interdetti è la richiesta che tutte le milizie siano sciolte, incluse quelle raccolte nella “Mobilitazione popolare”, Hashd al Shaabi: magnifico programma, se non fosse che il suo realismo equivale alla richiesta di sciogliere lo stato iracheno. Per giunta la richiesta viene dopo che con il beneplacito di americani, francesi eccetera, l’Iraq ha rioccupato Kirkuk e le aree contese soprattutto con le milizie Ashd al Shaabi. Anche Tillerson disse un mese fa qualcosa del genere a proposito delle milizie, che dovevano “lasciare l’Iraq”. Si attribuì la sortita all’ignoranza di Tillerson, che immaginava le milizie, infeudate all’Iran, come iraniane. Quelle milizie sono la spina dorsale del regime sciita iracheno, pronte a intervenire direttamente, dunque non più attraverso Maliki, nelle elezioni politiche. Difficile capire dove vadano a parare le autorità europee e americane nella questione curdo-irachena (iraniana). Tanto più va apprezzata la coerenza delle autorità italiane che, salvo mio errore, non hanno trovato nemmeno la temerarietà di suggerire che chiudere lo spazio aereo curdo sia una barbarie. Forse anche loro non sono abbastanza informate: nel Kurdistan non si può arrivare per mare, perché non c’è il mare. Ci sono due aeroporti internazionali, a Erbil e a Suleymanyah, e sono chiusi da due mesi.

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