Diyarbakir, le macerie dopo gli scontri tra i militanti curdi e la polizia (foto LaPresse)

Bombe dal cielo sui curdi: ecco "il moderato" Erdogan post referendum

Adriano Sofri

Le guerre che si preparano dopo la caduta di Mosul e Raqqa

Chi pensava che la vittoria “di misura” di Erdogan gli avrebbe consigliato scelte più misurate ha avuto nella notte fra lunedì e martedì una smentita violenta. L’aviazione turca ha colpito con venti missili la regione montagnosa di Shingal / Sinjar, divenuta tragicamente famosa per le stragi e la caccia agli yazidi, che la popolavano in maggioranza, nell’estate del 2014. Macerie che si accumulano su macerie. E ha nelle stesse ore bombardato massicciamente una base di comando dei curdi delle Ypg (Unità di protezione popolare) a Derik, nel Rojava, il Kurdistan orientale siriano. Qui a metà giornata di ieri si contavano 18 morti fra i combattenti curdi, molti feriti e molta distruzione.

 

A Shingal, che fa parte del governo regionale curdo (iracheno) l’obiettivo turco dichiarato erano le basi militari affiliate al Pkk: c’è stato almeno un morto fra i suoi combattenti e parecchi feriti; ma l’ultimo dei missili ha colpito una base dei peshmerga curdi, yazidi e curdo-siriani dissidenti legati al governo di Erbil, uccidendone cinque, uno dei quali uno yazida nativo del luogo, e facendo molti altri feriti.

 

L’aviazione turca bombarda pressoché quotidianamente le basi del Pkk in esilio (da decenni) nel territorio del governo regionale curdo, e l’aveva fatto più intensamente negli ultimi giorni, colpendo soprattutto i villaggi attorno all’antica, e bellissima, Amedi / Amadiya, all’estremità del governatorato di Duhok, vicino al confine turco. Ma è la prima volta che l’attacco viene portato oltre confine a Shingal. Qui, come avevo scritto molte volte sfidando la ridda di sigle, è aperto un delicatissimo fronte militare e politico, perché le forze legate al Pkk, che avevano difeso fieramente gli yazidi in fuga durante l’avanzata dell’Isis, hanno insediato loro basi reclutando anche militanti yazidi, in conflitto con le forze del governo di Erbil.

 

Da quando è cominciata l’offensiva su Mosul, il conflitto nella zona di Shingal / Sinjar è esploso provocando vittime da ambedue le parti – curdi affiliati al Pkk e curdi del governo di Erbil, e yazidi a loro volta divisi. La Turchia conta sulla fedeltà di Masoud Barzani e del suo partito, il Pdk, per la sua guerra contro i curdi del Pkk e del Pyd siriano. Barzani imputa al Pkk la responsabilità degli attacchi turchi e vorrebbe spalleggiarli, ma deve fare i conti con l’altro partito maggiore, il Puk di Suleymaniya, che dissente, e con un sentimento popolare che, anche quando non simpatizza per il Pkk, riconosce in Erdogan un nemico giurato e spietato dei curdi.

   

L’“errore” delle bombe turche, che hanno colpito e ucciso i peshmerga dell’alleato curdo, mette il Pdk ancora più in difficoltà. In questi giorni, il Kurdistan formalmente “iracheno” sta discutendo del referendum sull’indipendenza da Baghdad, discussione antica ma per la prima volta arrivata vicino a un accordo fra Pdk e Puk. Ma ieri, mentre da Erbil si ribadiva la responsabilità del Pkk che non abbandona basi illegalmente occupate nel territorio del governo regionale curdo, il Puk, con l’altro partito laico nato da una sua scissione, il Gorran, e i tre partiti minori islamici presenti in parlamento (un parlamento che non si riunisce dall’ottobre 2015 ) ha pubblicato una dura protesta contro i raid turchi.

 

Si può immaginare che cosa voglia dire votare per referendum l’indipendenza da Baghdad quando da Ankara si bombarda metodicamente dentro i confini del Krg. E nel Rojava siriano sono state colpite massicciamente le basi e uccisi militanti che tengono la prima fila della guerra all’Isis. Molte sono le guerre che si preparano a succedere alla caduta di Mosul e Raqqa. Alcune hanno fretta e non si rassegnano ad aspettare.