Gorsuch, “originalista” o “testualista”

Adriano Sofri

Il dibattito sul giudice nominato da Trump per la Corte Suprema

Siccome sono molto ignorante, si capisce che mi abbia impressionato la definizione del giudice nominato da Trump per la Corte Suprema, Neil Gorsuch, come “originalista” o “testualista”. Prima di tutto perché induce subito al confronto col letteralismo musulmano, cioé la mancata scoperta del contesto e della storia, che sta alla base del fondamentalismo. Poi, più modestamente, perché noi italiani siamo reduci dalla scorpacciata di dispute sugli scherzi di mano rispetto alla Costituzione. Sul Washington Post di ieri c’era una calorosa difesa della dottrina e della probità di Gorsuch da parte di un illustre giurista di Princeton, Robert P.George, che lo dichiara “un gigante intellettuale e un uomo perbene”.

 

George scrive che “Gorsuch, come Scalia – e come ogni altro giudice sulla lista dei 21 di Trump – è un testualista e un originalista. Ma non è dogmatico”. Sono andato alla fonte, Antonin Scalia, il quale era un campione della parola franca e proclamava: “La Costituzione che io interpreto e applico non è viva ma morta, o, come preferisco chiamarla, durevole -enduring. Vuol dire non quello che la società attuale, e tanto meno la Corte, pensa che debba significare, ma quello che significava quando fu adottata”. Nel ritratto omeopatico di Scalia che fece qui Giuliano Ferrara (16 febbraio 2016, “Scalia, ovvero quello che manca alle destre”) si leggeva fra l’altro: "Era un uomo di mondo, che sollecitava al confronto e al compagnonnage quanti erano diversi da lui come la sodale liberal Ruth Bader Ginsburg, quanti erano diversi nelle policies, nelle scelte o visioni evolutive che si radicano nel tempo e nella modernità; ma il suo wit, il suo spirito, la sua disponibilità avevano il limite testuale, legale, della carta fondamentale delle libertà americane e dell’autogoverno”.

 

Non so se Giuliano vi avrebbe confidato altrettanto poco fa, appunto, quanto alla riforma costituzionale italiana. Tornando a Gorsuch, non avrei tempo e competenza per leggere e capire adeguatamente il suo primo libro, pubblicato nel 2006, con un forte apprezzamento trasversale, su “Il futuro del suicidio assistito e l’eutanasia” (non è tradotto in italiano) cui Gorsuch è naturalmente contrario. Mi auguro che lo facciano i miei più competenti amici radicali. Nel frattempo, sono curioso di capire come un’interpretazione “originalista” abbia saputo applicarsi a un tema il cui contesto è così formidabilmente mutato rispetto alla Costituzione e anche ai suoi emendamenti. Intanto, dando un’occhiata in rete, ho trovato che l’analogia fra letteralismo biblico e originalismo giuridico ha suscitato da anni un’attenzione anche accesamente polemica negli Stati Uniti. In un saggio del 2011 di Peter J.Smith e Robert W.Tuttle, “Biblical Literalism and Constitutional Originalism”, teso a sottolineare soprattutto le differenze, c’è questa istruttiva osservazione: “Ambedue gli approcci sono in larga parte progetti di restaurazione: /…/ hanno ambedue un forte, consapevole impulso populista e un altrettanto forte e consapevole disprezzo per l’opinione delle élite…”.

 

Vedo che ci sono anche testi e dibattiti numerosi sul confronto fra letteralismo islamico e originalismo costituzionale: “Benché messi a confronto con culture e istituzioni legali molto differenti – dice l’introduzione a una loro raccolta della Yeshiva University, 2006 – i giuristi all’interno del diritto islamico si sono impegnati in dibattiti sull’interpretazione legale che somigliano in modo impressionante ai dibattiti in seno alla teoria costituzionale americana”. Un piatto molto ricco, direi.

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