Barack Obama (foto LaPresse)

I dubbi su quelli che bombardano l'Isis (ma non tanto)

Adriano Sofri
La decisione di Putin di pubblicare le (supposte) prove dei traffici della Turchia di Erdogan con lo Stato islamico pone un problema imbarazzante agli Stati Uniti.

La decisione di Putin di pubblicare le (supposte) prove dei traffici della Turchia di Erdogan con lo Stato islamico pone un problema imbarazzante agli Stati Uniti. Poiché non si può credere che gli Stati Uniti dispongano di una intelligenza tecnicamente inferiore a quella russa, bisogna credere che se le prove addotte dalla Russia si dimostrassero fondate, l’intelligenza degli Stati Uniti le avrebbe ignorate, in pubblico e, vista la perseveranza turca, anche per vie ufficiose. Si discute in America della difficoltà ulteriore posta all’intervento dalla diffusa e radicata convinzione, in Siria e in Iraq e in genere nel vicino oriente, che l’Isis sia all’origine una creatura americana.

 

In Kurdistan, cioé nel luogo in cui la simpatia e la stessa riconoscenza agli Usa sono più forti (i curdi iracheni sono i veri beneficiari della guerra di Bush in Iraq) ho sentito più fonti diverse e autorevoli assicurare dell’invio di armamenti dalla Turchia all’Isis, anche per elicottero, e chiedere: “Com’è possibile che sfuggano alla sorveglianza americana operazioni del genere?”. Chi si faceva retoricamente la domanda pensava che tutti, e gli americani più di tutti, facciano in quella regione non un doppio ma un multiplo e inafferrabile gioco. Quando obiettate: “Ma gli Stati Uniti bombardano le basi dell’Isis”, la risposta è: “Infatti, le bombardano, ma non tanto”.