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A che gioco stiamo giocando?

Rocco Todero

La sospensione della revoca della scorta a Sandro Ruotolo dimostra che lo Stato è irresponsabile e ormai privo di alcuna autorevolezza

Sandro Ruotolo non mi sta particolarmente simpatico. Per me il suo giornalismo è stato sempre troppo militante, fino al punto da far perdere credibilità e verosimiglianza a qualsiasi racconto. E’ stato colonnello di Michele Santoro e compagno d’armi di Antonio Igroia; esperienze che ai miei occhi bastano e avanzano per inquadrarlo correttamente.

 

Ciò non vuol dire, però, che se fossi stato chiamato ad occuparmi della sua sicurezza personale non gli avrei garantito tutte le attenzioni e gli scrupoli che lo Stato deve a coloro che rischiano la vita sotto la mannaia della più sanguinaria criminalità organizzata.

 

Avrei fatto quello che una buona amministrazione deve fare: raccogliere tutti gli elementi utili a verificare se la minaccia che ha reso necessario metterlo sotto tutela qualche anno addietro fosse ancora concreta e attuale. Mi sarei avvalso delle fonti investigative disponibili, avrei cercato di capire se le organizzazioni criminali che lo hanno preso di mira fossero ancora in grado di rappresentare un pericolo attuale per la sua incolumità e avrei misurato la capacità di colpire della camorra con l’esposizione quotidiana cui si sottopone il noto giornalista campano. Infine avrei preso una decisione, supportata da una corposa istruttoria e da una motivazione altrettanto estesa.

 

Da funzionario pubblico costretto a prendere una decisone, nell’ipotesi in cui mi fossi convinto di revocargli la scorta, avrei avuto la coscienza serena e sarei stato in grado di affrontare le molte perplessità e le pugnaci critiche di tutti coloro che si sono presi la briga di gridare allo scandalo senza avere avuto mai a disposizione alcun elemento istruttorio.

 

A costoro avrei offerto pubblicamente le risultanze dell’istruttoria, avrei esposto in maniera trasparente le ragioni oggettive a supporto delle mie conclusioni e avrei accettato serenamente, in ultimo, l’eventuale giudizio della magistratura amministrativa.

 

Se fossi stato, invece, superficiale e sciatto, se non avessi avuto dalla mia parte la forza della ragione degli accertamenti compiuti, se non fossi stato capace di affermare pubblicamente che la vita di Sandro Ruotolo non è ragionevolmente in pericolo più di quanto lo sia quella di qualsiasi altro cittadino italiano e se non fossi stato capace di fornire dati oggettivi e convincenti a supporto della decisione assunta, allora, a quel punto, sotto la pressione di un’opinione pubblica spesso ignara degli elementi di fatto che caratterizzano ogni singola questione affrontata dalle forze di polizia, avrei dovuto capitolare e avrei fatto l’unica cosa che potrebbe fare uno Stato dimostratosi irresponsabile ed ormai privo di qualsiasi credibilità: avrei sospeso la revoca.

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