Il leader di Podemos Pablo Iglesias (foto LaPresse)

Perché Podemos ha già nominato il suo “gobierno en la sombra”

Redazione

Pablo Iglesias sceglie i ministri prima delle elezioni e inizia a formare il suo governo ombra. Ma non è una cosa da perdenti?

Le elezioni politiche sono lontane ancora 40 giorni, e la Spagna è impantanata nella questione catalana, che dopo la mozione indipendentista approvata dal Parlamento di Barcellona lunedì ha subìto un’accelerazione brusca e dalle conseguenze imprevedibili. Ma mentre la Spagna si gioca la sua unità nazionale, Podemos vuole riportare l’attenzione degli spagnoli alla politica e il suo leader, Pablo Iglesias, ha annunciato ieri quello che il Mundo ha definito un “gobierno en la sombra”, un governo ombra. Prima ancora di conoscere il risultato elettorale, prima di ogni contrattazione politica e di ogni valutazione strategica, Iglesias ha già nominato nel suo esecutivo ombra il vicepremier (il consigliere e sodale di sempre Íñigo Errejón), il ministro della Scienza (un altro dirigente storico, Pablo Echenique), e due ministeri di peso, quelli della Difesa e della Giustizia. Nuove nomine seguiranno nei prossimi giorni.

 

Ci sono due piccoli scandali interni a Podemos, e il primo è che i due ministeri più importanti del governo ombra sono andati a degli esterni. Iglesias ha nominato ministro della Difesa Julio Rodríguez, generale ed ex capo di stato maggiore sotto Zapatero: un’aggiunta che ha suscitato molto interesse, ma che decisamente ha poco a che vedere con il gruppo dirigente del partito. Il ministro delle giustizia sarà Victoria Rosell, giudice senza una storia di militanza. Iglesias, inoltre, ha scelto i suoi ministri ombra in piena autonomia, senza quel processo partecipativo e di democrazia dal basso che Podemos va sbandierando da anni. E questo è un bene, visti i risultati di certe nomine del M5s in Italia, ma al tempo stesso è un affronto imperdonabile per la base del movimento antisistema spagnolo.

 

Ma la gaffe più notevole, di cui Iglesias sembra non essersi accorto, è che non è affatto comune nominare dei governi ombra prima delle elezioni. Anzitutto per evidenti ragioni di tattica politica, che soprattutto in una situazione elettorale fluida come quella spagnola imporrebbero prudenza (è molto probabile che per formare il prossimo governo sarà necessaria una coalizione, e i ministeri possono essere usati come pedina di scambio). Ma soprattutto perché la tradizione anglosassone dei governi ombra si applica dopo le elezioni, ed esclusivamente, come è ovvio, ai partiti perdenti. Certo, per ora Iglesias ha fatto solo alcune nomine, ma si è esposto in maniera troppo facile agli attacchi di chi lo accusa di sentirsi all’opposizione prima ancora di aver provato a vincere le elezioni. E certo i sondaggi non aiutano il movimento antisistema, che ormai, secondo una media dei risultati dei principali istituti fatta dal Mundo, è in quarta posizione tra i partiti spagnoli e in calo continuo, al 14,5 per cento, dietro al 17,9 di Ciudadanos.

 

P.s. Aggiornamento catalano: Ieri il premier Mariano Rajoy ha fatto appello al Tribunale costituzionale per fermare il processo indipendentista, e oggi ha annunciato una lista di 21 alte cariche dell’esecutivo e del Parlamento locale che potrebbero essere sospese dal loro incarico se non seguono i dettami del massimo tribunale spagnolo (che ha acquisito il potere di sospendere le cariche pochi mesi fa grazie a una legge ad hoc fatta approvare dalla maggioranza conservatrice). Il Tribunale si riunisce oggi per deliberare.

 

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