Figli

La recensione del film di Giuseppe Bonito, con Valerio Mastandrea, Paola Cortellesi, Stefano Fresi, Valerio Aprea

Mariarosa Mancuso

“Fascette oneste” era un gioco inventato su Twitter da Marco Cassini, cofondatore di minimum fax, casa editrice lasciata nel 2011 per fondare Sur. E’ diventato un libriccino, pubblicato dalle edizioni Italo Svevo nella collana “Piccola biblioteca di letteratura inutile”. Raccoglie le migliori frasi da fascetta, se gli editori potessero dire la verità, e non fossero ogni volta costretti a promettere imperdibili capolavori. Per esempio: “Dell’autore di un libro migliore di questo”, oppure “Concilia il sonno, senza dover mandare giù robaccia chimica”. Scritto da Mattia Torre, che non ha fatto in tempo a dirigerlo (sono sempre gli sceneggiatori migliori che se ne vanno) “Figli” è la “fascetta onesta” da appiccicare sul secondo figlio, forse anche sul primo. Comincia con un litigio coniugale, tra Valerio Mastandrea – l’attore preferito di Mattia Torre (quasi una controfigura, nella serie purtroppo parecchio autobiografica “La linea verticale”, che racconta la malattia) – e Paola Cortellesi. Lei accusa lui di non fare mai niente, trincerandosi dietro un “lo faccio dopo”. Lui accusa lei di “fare sempre tutto subito”. Avevano una figlia, e tutto sembrava andare benissimo. Fanno il secondo bambino e comincia il disastro. “I figli ti invecchiano” era il titolo del monologo teatrale da cui è tratto il film, che per cominciare elenca qualche tipologia genitoriale. Fantastici quelli che regalano ai figli una scarpa sola, così si abituano a non dare nulla per scontato. Il neonato piange e piange, sostituito nel film – per non urtare le orecchie dei genitori e dei non genitori – dalla Sonata per pianoforte numero 8 di Beethoven, detta la “Patetica”. Gli esperti con voce flautata suggeriscono di dedicarsi completamente al pupo (“Non ce l’avete una rendita? Una casa da affittare?”). I suoceri hanno da fare un sacco di cose, e minacciano la rivolta: “Siamo tanti e benestanti, la fiction in tv è fatta per noi, Sanremo è fatto per noi, siamo noi a sostenere teatri e cinema, teniamo in scacco l’economia”. Fascetta onesta, anche sul film: la sceneggiatura è molto ben scritta e piena di idee, tra dialoghi e siparietti; la regia ha meno grinta e ritmo.

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