Non sposate le mie figlie 2

La recensione del film di Philippe de Chauveron, con Christian Clavier, Chantal Lauby, Elodie Fontan

Mariarosa Mancuso

La scorrettezza politica fatta commedia aveva fatto staccare in Francia dodici milioni di biglietti. “Buon Dio, cosa ho fatto per meritarmi questo?” era il titolo originale: l’urlo di un genitore cattolico e conservatore (con forti simpatie per il generale Charles De Gaulle) che vede le sue tre figlie sposarsi malissimo. La prima sceglie un musulmano, la seconda un ebreo, la terza un cinese. Tutti nati in terra francese, ma ugualmente guardati con sospetto. La quarta figlia sposa un ragazzo cattolico, peccato che sia un nero della Costa d’Avorio, con i capelli rasta (e provvisto – scopriremo – di una famiglia che odia i francesi e le loro ridicole abitudini tribali). I matrimoni procedono senza problemi, i nipotini sono numerosi, papà e mamma decidono di fare un viaggio nei paesi d’origine dei generi. Al ritorno salutano le mucche e si buttano sul foie gras, carichi di aneddoti da litigio immediato, perfino più dei pregiudizi. Per le misure di sicurezza a Tel Aviv (“credevo volessero circoncidermi”) , per il riso senza contorno mangiato in Costa d’Avorio (l’africano attendeva un prosciutto divorato dal cane francese prima di imbarcarsi), per gli sputi e l’odore d’aglio e le larve commestibili in Cina. Più gradita l’Algeria, con “le belle casette in stile francese, la nostra colonizzazione ha fatto molte cose buone”. Non scoppia la rissa soltanto perché le quattro coppie annunciano di essere stanche della Francia razzista, e di voler partire. Chi per l’Algeria (l’avvocato stufo di difendere solo musulmane che vogliono entrare in piscina vestite), chi per l’India (l’ivoriano che vuole lavorare come attore, ma come si fa quando anche il ruolo di Otello tocca a un bianco?), chi per Israele (con la sua nuova invenzione, il frigo-forno), chi per la Cina (ha visto un giardiniere afghano con la motosega e lo ha scambiato per un terrorista). Il bis di “Non sposate le mie figlie” parte un po’ più lento e incerto del primo. La comicità esplode nello scontro di pregiudizi tra il capofamiglia francese e il capofamiglia africano. Per complicare un po’ l’intreccio, il nero ha una figlia lesbica che intende sposare la sua morosa francese.

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