CREED II

La recensione del film di Steven Caple jr, con Michael B. Jordan, Sylvester Stallone, Tessa Thompson, Wood Harris

Mariarosa Mancuso

Tra “Fruitvale Station” e “Black Panther” (candidato all’Oscar come miglior film, la prima volta di un supereroe e la prima volta di una storia dove i neri non le prendono dai bianchi) Ryan Coogler aveva girato “Creed - Nato per combattere”. Discendente in linea diretta dalla saga “Rocky”: Adonis Creed è il figlio illegittimo di Apollo Creed, rivale di Rocky Balboa; attirato dal ring come se fosse un destino si fa allenare dal rivale del defunto genitore (vecchio, incartapecorito, ma ancora capace di guadagnarsi un Oscar come non protagonista). Per soprammercato – e per non fare di “Creed II” un film fotocopia – la sceneggiatura di Sylvester Stallone (scopriamo che sa anche scrivere, oltre a recitare la parte del malinconico che cerca di non ripetere gli errori che lo hanno allontanato da suo figlio) rimette in gioco “Io ti spiezzo in due”, il pugile sovietico Ivan Drago. Anche lui invecchiato e male in arnese, cerca di levarsi di dosso l’etichetta di perdente allenando suo figlio. Qui l’incrocio di padri e figli si fa più drammatico, rasentando il delirio: Drago aveva ammazzato di pugni Apollo Creed, ora il giovane Creed si trova a combattere contro il figlio di Drago.

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