Doppio amore

La recensione del film di François Ozon, con Jacqueline Bisset, Marine Vacth, Jérémie Renier, Myriam Boyer

Mariarosa Mancuso

Un’inquadratura ginecologica – non per modo di dire, da speculum con primo piano su qualcosa di rotondo che all’inizio sfugge, e in dissolvenza diventa un occhio – sarà un omaggio alle donne oppure pesante molestia? Libertà di scelta, buona discussione se vi va. Coté cinema, non ci sono dubbi. “Doppio amore” è uno dei film più ridicoli e scioccamente ambiziosi mai visti. Parla di doppi e di gemelli, gli strumenti del ginecologo rimandano subito a David Cronenberg (Leone d’oro alla carriera alla prossima Mostra di Venezia). Gli ambienti sono très chic, come la nudità di Chloé - Marine Vacth, già ammirata in “Giovane e bella”, sempre di François Ozon. Il dolore al pancino non passa, interviene uno psicoanalista, ed è subito amorosa convivenza.

Girando per Parigi, Chloe vede un tizio tale e quale al consorte, psicoanalista pure lui. E si fa prendere in cura. Se vi sembra delirante già così, sappiate che la ragazza si innamora anche dell’altro psicoanalista, scorbutico e violento quanto il primo era dolce. Sempre Jérémie Renier, poveretto, due ruoli ridicoli in un solo film. E povera anche Joyce Carol Oates, che ha fornito lo spunto con “Lives of the Twins”.

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