Downsizing - Vivere alla grande

La recensione del film di Alexander Payne, con Matt Damon, Hong Chau, Kristen Wiig

Mariarosa Mancuso

Anche al cinema esistono le preghiere esaudite. Magari non costano lacrime, ma fanno venire il cattivo pensiero: meglio che Alexander Payne rimanesse a fare i piccoli film che gli riuscivano bene, con soddisfazione nostra e di molti altri spettatori. Meglio scrivere e girare storie più somiglianti a “Nebraska”, “A proposito di Schmidt” (guardatelo adesso, per capire cosa manca a “Elle & John - The Leisure Seeker” di Paolo Virzì). Senza dimenticare “Election” (Reese Witherspoon quasi vent’anni prima di “Little Big Lies”, già determinata e manipolatrice al liceo) e “Sideways” con Paul Giamatti. Scopriamo da un’intervista uscita sul New York Magazine che il regista di origine greca sognava di girare “Downsizing” da undici anni, aveva ribattezzato la martoriata sceneggiatura “the Vietnam of scripts”. Voleva effetti speciali così naturali da risultare credibili – si parla di macchine che rimpiccioliscono uomini e donne, quando hanno finito fanno “bling” come un forno a microonde, a operazione conclusa arrivano le infermiere a raccattarti con la palettina e ti depositano nel lettino in miniatura dell’ospedale in miniatura. Lì Matt Damon spera di ritrovare la moglie Kristen Wiig, che all’ultimo momento ha deciso di restare normale, e ora risulta una gigantessa. Succede in un futuro non troppo lontano, per salvare la terra e l’umanità: umani alti quindici centimetri consumano meno risorse e producono meno rifiuti. In prospettiva. Da subito consentono alla classe media di abitare in ville che nel mondo reale non potrebbero permettersi, sguazzando tra i lussi che nel mondo reale sarebbero fuori portata. Con i giganti e i lillipuziani si era già divertito Jonathan Swift nel 1726. Nei “Viaggi di Gulliver” sapeva già che i tentativi di salvare o migliorare il mondo producono più danni di quelli che intendono evitare. Purtroppo Alexander Payne prende questa strada – orrore, anche nel minuscolo mondo esistono minuscoli poveri! Sarà giusto, obiettano i giganti, dare il voto anche ai lillipuziani che pagano mini-tasse? Si aprono nel film tante parentesi che il regista non riesce a chiuderle tutte, e se la cava con l’ambientalismo.

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