IL CLIENTE

di Asghar Farhadi, con Shahab Hosseini, Taraneh Alidoosti, Babak Karimi, Farid Sajadi

Mariarosa Mancuso

Una sola cosa vorremmo rimproverare al sempre bravissimo Asghar Farhadi, regista iraniano di storie in cui tutti i personaggi hanno torto. Non solo: diventano sempre più irritanti man mano che il film avanza (succede anche nella sceneggiatura di “Steve Jobs”, che Aaron Sorkin ha scritto per Danny Boyle usando la tecnica opposta: “Se fai litigare due persone, assicurati che entrambe abbiano ragione”). Chi ha visto “Una separazione”, e prima ancora “A proposito di Elly” – iraniani con il Suv, le borse Vuitton e le case al mare per le vacanze, però sempre sospettosi verso una donna senza accompagnatore – sa quanto sia bravo a scrivere e a dirigere gli attori. Tirando fuori gli aspetti tragicomici di una società dove le bambine devono indossare il velo quando sono ancora troppo piccole per drappeggiarselo attorno alla testa (quindi ne esistono con comodi elastici). Una sola cosa non avremmo voluto vedere in questo film, girato a Teheran dopo la parentesi parigina di “Il passato”, con Bérénice Bejo e Tahar Rahim. Il cedimento all’espediente trito e ritrito della messa in scena (teatrale) dentro la messa in scena (cinematografica). Non aggiunge niente alla vicenda raccontata. Né alla suspense. Lo spettatore perde tempo a chiedersi: per-ché provano e recitano proprio “Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller? (è forse ammesso da quelle parti che un maschio entri in case di donne sconosciute per vendere spazzole?). “Il cliente” comincia in un edificio che minaccia di crollare. Emad e Rana sono costretti a trasferirsi poco lontano. Un collega attore nella filodrammatica – at-tenzione, i torti cominciano ad accumularsi – procura un appartamento ancora mezzo ingombro. Una signora con svariate conoscenze maschili ha lasciato i suoi vestiti in un armadio. Un vecchio frequentatore della casa, ignaro del cambio di destinazione, si fa vivo e succede l’incidente. Rana incautamente credeva di aver aperto la porta al consorte, che comincia a indagare di nascosto: basta molto meno per rovinare la reputazione di una donna sposata (l’aggressione porta sempre con sé un’ombra di sospetto). Indizi: un cellulare e un furgone parcheggiato troppo a lungo.

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