L'UOMO CHE VIDE L'INFINITO

Mariarosa Mancuso

Ci sono film che riescono a rovinare per sempre l’immagine di un attore, Jeremy Irons ne ha girati almeno un paio. Nel 1992 ci fu “Il danno”, diretto da Louis Malle e tratto dal romanzo di Josephine Hart. Il bestseller di quegli anni, milioni di copie vendute nel mondo grazie a un po’ di sesso, un po’ di incesto, una scrittrice dal nome (o almeno dal matrimonio) celebre: era la moglie del pubblicitario Maurice Saatchi, ora vedovo inconsolabile che ogni mattina dal 2011 fa colazione con vista sulla tomba della consorte. Le scene di passione erano inguardabili, con tutto il rispetto per il regista. Come erano inascoltabili i dialoghetti tra Jeremy Irons e Olga Kurylenko – sul tema “Lasciami la tua canottiera, la stringerò nel sonno per sentire il tuo odore” – nel film di Giuseppe Tornatore “La corrispondenza” (il resto era pure peggio, il Lago d’Orta dovrebbe far causa per lesa immagine: il barcaiolo sul lago sembra Caronte che traghetta le anime, non uno che porta a spasso i turisti). Tornano in mente le figuracce attoriali appena il nostro appare con il piglio british del professore universitario in “L’uomo che vide l’infinito”. Ha ricevuto una lettera da un giovanotto indiano che se la cava benissimo con i numeri – e per questo è stato espulso dal college, trascurava ogni altra materia – finendo per impiegarsi come contabile in una ditta. Calcola tutto a mente, rifiutando l’uso dell’abaco (siamo alla vigilia della prima guerra mondiale); per questo il capufficio lo guarda storto, ricordandogli che Madras significa “regno degli stupidi”. I matematici al cinema sono come gli artisti, non si sa mai come mostrare quanto sono bravi: immancabile la scena della lavagna zeppa di numeri. Qui ci sono un paio di quaderni, che suscitano nei professori del Trinity College a Cambridge attacchi di invidia mista a curiosità. C’erano decine e decine di formule e teoremi stupefacenti, ma il bramino del Tamil – si chiamava Srinivasa Ramanujan, non hanno ancora finito di studiarlo – era allergico alle dimostrazioni. Il professore – e pacifista, nonché colonialista pentito – Jeremy Irons cerca di fargli cambiare idea, con le buone e con le cattive. Sotto l’occhio sfottente di Bertrand Russell con i baffetti, l’unico che nel film sembra vivo. Il matematico-mistico è Dev Patel, spento e monocorde dopo “The millionaire”.

 

Di più su questi argomenti: