SYNECDOCHE, NEW YORK

Mariarosa Mancuso

Cari distributori della Bim, per una volta facciamo i nomi anche se al pubblico non dicono granché. Davvero volete fare uscire un film con questo titolo, senza neanche la pietà di una ‘sineddoche’, che ugualmente non si sa cosa vuol dire, ma almeno evita l’ostica pronuncia?”. “Certo che lo facciamo uscire così, caro critico che non capisci mai niente: al pubblico bisogna rendere la vita difficile, poi finisce che apprezza di più”. (E’ il “Prendi una donna trattala male” del “Teorema” di Marco Ferradini, applicato al cinema: non avete idea di quante cose riesca a spiegare in materia di uscite estive, qualche volta anche invernali). “Carissimi distributori della Bim, ma quanti spettatori potrà fare – per di più d’estate – un film che fu fischiato a Cannes anche dai fan sfegatati del regista di ‘Eternal Sunshine of the Spotless Mind’? (dire ‘Se mi lasci ti cancello’ svela lo spettatore becero)”. “Carissimo critico a cui bisogna spiegare tutto, non importano gli spettatori. Noi stiamo facendo un’operazione culturale – se va male possiamo dare la colpa alle tv che diseducano il pubblico, e comunque vendere i diritti alle televisioni suddette”. “Ancora più cari distributori della Bim, ma allora perché il film è rimasto nei magazzini dal 2008, e intanto i cultori di Charlie Kaufman si sono parecchio intiepiditi?”. “Vabbè, caro critico, si sapeva che non ti fermi davanti a niente, neppure alla morte del caro Philip Seymour Hoffman che ci apprestiamo a omaggiare con questa uscita”. Siccome sappiamo che non può essere andata così – tranquilli, il dialogo esiste soltanto nella nostra fantasia malata – vorremmo sapere come è andata davvero. I film non escono di propria volontà dai depositi, qualcuno deve averlo argomentato e deciso. Insomma, perché? Perché gli addetti ai lavori si lamentano che in Italia gli incassi precipitosamente calano, che gli italiani non vanno al cinema d’estate, che solo i titoli buoni incassano, e poi arriva questa polpetta avvelenata? Perché far circolare un film che perfino i critici di Sentieri Selvaggi – ed è la prima volta che ci troviamo d’accordo – considerano “cervellotico, presuntuoso, pieno di sé, capace solo di togliere respiro e riconoscibilità ad attori solitamente bravi”. Mistero. Buttiamo “Synecdoche, NY” assieme a “Inland Empire” di David Lynch: lasciato a se stesso, con il digitale che non costa nulla, sparì l’incanto di “Twin Peaks”.

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