GRAN TORINO

Mariarosa Mancuso

    Stavolta Clint Eastwood fa centro, con pochi soldi e senza i cappellini di Angelina Jolie. Se davvero si tratta del suo ultimo ruolo da attore, non poteva trovar di meglio. Merito del copione di Nick Schenk, il tipo di giovane sceneggiatore che provoca fitte d'invidia, tanto è bravo. Ex operaio alla Ford, vedovo e unico bianco in un quartiere affollato di musi gialli (in che altro modo un reduce dalla Corea potrebbe chiamare i vicini dai tratti orientali?), Walt Kowalsky somiglia all'ispettore Callaghan, invecchiato e ringhiante dopo una vita trascorsa a rincorrere criminali. Con una novità. A parte il carattere e la poca simpatia per il pretino irlandese (che incautamente ha fatto una promessa alla moglie defunta e la vorrebbe mantenere), Walt ha molte cose in comune con lo Sceriffo Bell di Cormac McCarthy: uno che non capisce come mai le auto americane nessuno le compra più, come mai non si rispettano più gli anziani, come mai nessuno insegna ai giovani maschi a comportarsi da maschi. E' uguale lo spaesamento, uguale la sensazione di essere rimasto solo a difendere il fortino: per Walt, la casetta con il portico dove bere la birra e una fiammante Gran Torino del 1972 in garage (la macchina della serie “Starsky & Hutch”, ma questa è verde). E' diverso il linguaggio. L'ex operaio di origine polacca ha un ricco assortimento di insulti razziali, e quando li ha finiti ne sforna altri (sentirli, in un film che verrà spacciato come la quintessenza della correttezza politica e dell'incontro tra culture, aggiunge piacere a piacere). Quando i figli – debosciati che che guidano auto giapponesi, orrore! – gli fanno regali da vecchio, Walt-Clint grugnisce e li fulmina, gettando nella spazzatura il telefono con i tasti giganteschi e i pieghevoli delle case di riposo. Quando i vicini Hmong (stavano con gli americani ai tempi della guerra in Vietnam, quasi tutti espatriati per salvare la pelle) cucinano con le spezie e gli fanno ciao con la manina, partono altri moccoli. Quando Tahao, il figlio dei vicini, tenta di rubargli la Gran Torino, per non sembrare una pappamolla agli occhi della gang, scoppia la guerra. Vera: Walt non sopporta chi gli pesta il prato, figuriamoci chi tocca l'automobile. Poi comincia a sospettare che la famigliona della porta accanto sia più rispettosa delle vecchie usanze, dei valori americani e del cibo cucinato rispetto ai suoi antipatici figli. E mette il naso fuori dal fortino.