L'Arena di Verona, alchimia di musica e storia

Stefano Picciano

L’eterna “Aida” apre la stagione del centenario: otto nuove rappresentazioni e alcuni concerti per un totale di cinquanta serate che avranno luogo tra il 16 giugno e il 9 settembre

Nella cornice del teatro lirico all’aperto più grande al mondo ecco un programma degno di celebrare un festival giunto alla sua centesima edizione, caratterizzato da una storia di grande rilievo e collocato in una sede di rara bellezza. Nato nell’estate del 1913, e proseguito sino a noi con due sole parentesi in corrispondenza degli eventi bellici, Arena di Verona Opera Festival si prepara a ospitare, con l’obiettivo di festeggiare la ricorrenza, otto nuove rappresentazioni e alcuni concerti per un totale di cinquanta serate che avranno luogo tra il 16 giugno e il 9 settembre.

 

Fu il tenore veronese Giovanni Zenatello a intuire l’opportunità di allestire tra quelle mura ricolme di storia un’opera – in quel caso Aida – nell’anno in cui ricorreva il centenario della nascita di Giuseppe Verdi. Era il 1913 e l’Arena, che già nel corso del secolo precedente era stata sede di analoghi esperimenti, divenne incantevole dimora, allora appena restaurata, del teatro d’opera, luogo di fascino suggestivo in cui sarebbe stata collocata una delle stagioni musicali più prestigiose in assoluto. Proprio Aida di Verdi – l’opera più rappresentata – è destinata ad aprire le danze della centesima edizione del Festival, in questo luogo che porta su di sé intatto il fascino dei secoli e che ha attraversato il tempo con le più diverse funzioni – da deposito di materiali a luogo di spettacoli, da sede giudiziaria a spazio per botteghe artigiane – fino all’intuizione, nel corso dell’Ottocento, di farne un luogo destinato al teatro.

 

Qui mosse i suoi passi anche Wolfgang Amadeus Mozart, nel gennaio del 1770, mentre iniziava in compagnia del padre il suo grand tour lungo la penisola e anche Goethe, di passaggio a Verona nel 1786, fissò la sua esperienza in scritti pieni di meraviglia. L’Arena ospitò, nel 1947, il debutto italiano della giovane Maria Callas la quale, appena giunta nel nostro paese, apriva un nuovo capitolo della sua carriera con La Gioconda di Amilcare Ponchielli. L’anno seguente vi sarebbe tornata con Turandot e poi con La Traviata (1952), Aida (1953), Il Trovatore (1953), Mefistofele (1954). 

 

Ma questo luogo colmo della suggestione del tempo racchiude una lunga collezione di nomi che, nella prospettiva storica, si rivestono di un fascino per così dire leggendario: Toti Dal Monte, Beniamino Gigli, Tito Schipa, Mario Del Monaco, Renata Tebaldi, Giuseppe Di Stefano e tanti altri che contribuirono a rendere il teatro d’opera italiano ciò che esso è. Per la significativa ricorrenza avremo dunque un cartellone d’eccezionale interesse, composto di otto grandi opere tra quelle che nell’anfiteatro ebbero, nei cento anni del Festival, maggiore successo: Aida, in una nuova produzione il 16 giugno con diretta in mondovisione, avrà ben tredici rappresentazioni e si affiancherà a Carmen di Bizet, Il barbiere di Siviglia di Rossini, Tosca e Madama Butterfly di Puccini. Rigoletto, La Traviata e Nabucco di Verdi si aggiungeranno alla ricca serie di allestimenti.

 

Alcune serate speciali vedranno protagonisti la danza di Roberto Bolle, i tenori Juan Diego Flórez, Jonas Kaufmann e Plácido Domingo; il concerto di Riccardo Chailly con l’Orchestra del Teatro alla Scala completa l’invito a ritornare nel luogo in cui la bellezza della musica si intreccia, sotto il cielo dei Capuleti e dei Montecchi, con la vertigine della storia.

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