Il beat ipnotico e senza senso di Anna, mentre la tv parla della fine del mondo

“Bando”, la hit nata su TikTok che ora asfalta Sanremo

Stefano Pistolini

TikTok è un campo minato, se si ha dai 18 anni in su. Ci si può avventurare a proprio rischio e pericolo: ci si sentirà molto vecchi, confusi, innervositi, in particolare estranei. Se ne fuggirà precipitosamente, per non tornare mai più. Quella terra non è la tua terra. Anna Pepe, invece, su TikTok ci sta una crema, ci si aggira come fosse nella sua cameretta, fin da quando, la bellezza di sei mesi fa, un’èra geologica, ci guardava le coetanee che mimavano le hit di Elettra Lamborghini, Myss Keta e Madame. Lo strisciante avvento del girl power. Dunque Anna: ha 16 anni, vive a La Spezia, figlia di un dj a tempo perso, che ha la casa piena di dischi, così che lei praticamente da subito si appassioni al rap, americano soprattutto, con Nicki Minaj come modello di ruolo. Anna comincia a incidere delle cose in proprio, le piace la possibilità di fare da sola, muovendosi con disinvoltura tra le infinite opportunità offerte dal mondo digitale in cui è cresciuta. Pubblica regolarmente i suoi primi brani su Soundcloud, collabora con altri rapper della zona, poi il giorno che gli viene in mente il tormentone giusto fa le cose in modo più rifinito. Pesca sapientemente un beat che funziona su YouTube e ci mette sopra le sue parole.

  

È così che nasce “Bando”. “Ci beccavamo nel bando, sopra il Booster / Anna fattura e no, non parlo di buste / Mando  tutto  io, svuota il  freezer / C’ho il passaggio assicurato sopra questo diesel”. Che significa? Boh, non molto. Anche Anna candidamente ammette di non saperlo, solo che le piaceva il suono di quelle parole, una dietro l’altra. Si può giusto aggiungere che il “bando” nel gergo dei peggiori bar di Caracas è la casa ab-bando-nata, dove si trovano i dropout del quartiere. Il Booster invece è un motorino coattissimo. Il resto, fate voi. La notizia è un’altra: il brano – due minuti e qualcosa – è un missile, un mastice che s’incolla in testa e non si stacca più, un nuovo archetipo del tormentone purissimo.

  

Funziona al punto che, appena lo sentono gli addetti, niente meno che la venerabile Virgin Records fa subito firmare un contratto ad Anna, si occupa di dirimere le questioni legali relative al beat che aveva scelto e assiste beatamente all’ascesa del pezzo sparato al numero uno degli ascolti digitali, sbranando addirittura i reduci da Sanremo e perfino Ghali, che nel frattempo è diventato ormai una specie di Michael Jackson del dopo-bomba. Già, perché tutte queste sono semplici informazioni di servizio, ma conviene fare un passo in più.

  

La storia potrebbe essere quella dell’ennesima cometa, viene in mente per esempio quella di Nuela, il ragazzino romano che l’anno scorso si presentò a “X Factor” cantando “Carote, carote / Solo carote / Le regalo a mio nipote”, e fece gridare alla scoperta del genio neo-futurista, poi giustamente inabissandosi nel giro di una settimana, o di una gita di classe. Ma adesso è tutto diverso, lo sappiamo. Ascoltiamo a loop “Bando”, mentre in sottofondo la tv parla della fine del mondo o di qualcosa che le somiglia.

  

Abbassando il volume, l’effetto che si ottiene è di livello: il rap di Anna non significa niente, ma è ipnotico e bellissimo. Le immagini che corrono sono terrorizzanti, affascinanti, ermetiche, coi pipistrelli cinesi, le ambulanze, gli uomini negli scafandri, quelle inviate che attendono il collegamento con lo sguardo allucinato. Tutto corre, tutto scorre, senza andare da nessuna parte. La chiave potrebbe essere che Sanremo era prima, adesso siamo dopo, quando c’è una teenager Anna, con la felpa rossa e l’aria sfrontata che canta il nonsenso nel quale sprofondiamo. Fuori è tutto fermo. Ragguardevole.

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