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Tutti zitti, suona il grande Evgeny Kissin: “L'occidente ha tradito i propri valori"

Giulio Meotti

Bambino prodigio, è uno dei più grandi pianisti viventi. Si definisce cittadino “della Russia, dell’occidente e di Israele”. Questa settimana ha pubblicato un libro, “Memoirs and reflections” 

Roma. Evgeny Kissin ha quarantasette anni, ma lo stesso viso di ragazzo cagionevole che aveva quando è diventato famoso come uno dei più grandi pianisti viventi. Moscovita di nascita e di studi, Kissin è stato un fanciullo prodigio. A diciotto mesi, ascoltando la mamma e la sorellina al pianoforte, sapeva ripetere una fuga di Bach. A quattro anni le prime improvvisazioni, a sei diventa compositore, a sette i primi concerti, a dodici incide Chopin, a sedici registra con Karajan e i Berliner Philharmoniker. Viene accolto con tutti gli onori dal pubblico occidentale e da allora il mondo non riesce a saziarsi della sua musica. Nella sua casa di Mosca, Sviatoslav Richter voleva passare un po’ di tempo a suonare con lui. Kissin è diverso dagli altri musicisti contemporanei, giganti musicali ma nani morali come Daniel Barenboim e Gustavo Dudamel. Oltre ad aver firmato un nuovo contratto con la Deutsche Grammophon, Kissin questa settimana ha pubblicato un libro, “Memoirs and reflections”, curato da Marina Arshinova e pubblicato da Weindfeld & Nicholson. “Sono un grande sostenitore dei valori occidentali”, scrive Kissin, “ma negli ultimi anni ho realizzato che l’establishment occidentale ha spesso tradito quegli stessi valori. E una delle manifestazioni di questo tradimento è la posizione contro Israele”.

Il ragazzo prodigio non suona mai dallo spartito dell’agitprop. Tutto il contrario di quanto ha fatto un altro virtuoso della musica, il maestro Daniel Barenboim, che su Haaretz ha appena spiegato che Israele è stato “dato” al popolo ebraico da parte di un mondo in preda al senso di colpa dopo la Shoah, facendola pagare ai palestinesi. “Memoirs and Reflections” è un atto d’amore per il terzo paese d’adozione di Kissin, che si definisce cittadino “della Russia, dell’occidente e di Israele”. Scrive di sentirsi “come un soldato d’Israele nell’arena internazionale” e di essersi ispirato agli scritti di un non ebreo, Vladimir Bukovskij. Nel 1994 questo dissidente sovietico pubblicò un libro intitolato “Judgement in Moscow”. E Kissin cita un passaggio: “Se hai il coraggio di continuare a uccidere le persone abbastanza a lungo non sarete più un terrorista, ma uno statista e un premio Nobel per la pace. Questo non rimarrà inosservato da parte di Hamas…”.

Guai a fare il nome di Jeremy Corbyn in sua presenza. “Il mio defunto zio, Lord Kissin, si starà rivoltando nella tomba”. Harry Kissin, militante del Labour di primo piano ed esule dal nazismo. Parole non meno dure, Kissin riserva per l’Unione europea. “Non mi piace quello che è diventata. Essendo cresciuto in Unione sovietica, mi piace l’indipendenza degli stati. Un mercato comune è una cosa, una centralizzazione politica è completamente diversa”. Quando a Londra, alla Royal Albert Hall, i facinorosi antisionisti interruppero la direzione di Zubin Mehta e dei musicisti israeliani, Kissin disse loro: “Venite ai miei concerti, il caso di Israele è il mio, i nemici di Israele sono i miei. Israele, nonostante io non viva lì, è l’unico stato al mondo con cui posso identificarmi pienamente, e le cui storie, i problemi, le tragedie e il cui destino stesso io possa sentire come mio. Non voglio essere risparmiato delle difficoltà che i musicisti israeliani incontrano quando rappresentano lo stato ebraico oltre i confini”. Così ha firmato sul Guardian l’appello promosso dallo storico Simon Schama contro il boicottaggio. Kissin ha detto di averlo fatto contro “l’isteria degli attacchi che in occidente, e perfino da molti intellettuali, sono rivolti a Israele. Ho vissuto in Unione sovietica e so a quali risultati, purtroppo, può arrivare una propaganda bene organizzata”. Bis!

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.