Elio e le storie tese a Sanremo (foto LaPresse)

Primomaggio e disaggio, ma che musica geniale quella di Elio

Giuliano Ferrara

L’altro giorno in auto alla radio sentivo delle giaculatorie inutili (nocive) sulla crisi, compreso il minuto di silenzio per la morte delle aziende, una roba che nemmeno i giapponesi nel loro periodo ultraproduttivistico, quando entravano in fabbrica cantando l’inno del titolare, potevano inventare; ci volevano quelli delle varie confindustrie italiane per un’operazione animista e funeraria di questa volgarità, il silenzio dei morti trasferito sulle ditte fallite, ma che metafora di merda. Poi sono arrivati “Elio e le storie tese”. Dei giganti. Giganti dello humour anticrisi, del pensiero anticonformista, e dell’azione per restituirci un po’ di buonumore e di passione per farcela, per riscattarci dal clima avvilente in cui si vive la vita pubblica.

 

Il “Complesso del primo maggio” è un brano di satira geniale. Prende lo scalettone della kermesse sindacale, il clima che la circonda, le retoriche che essa nutre, i personaggi improbabili che vi si rispecchiano come narcisi indignati, quell’impasto di solidarismo e televisionismo che ne caratterizza gli eroi, e a tutti fa la pelle con grazia e cattiveria sorniona. C’è la musica balcanica che alla lunga ci ha rotto i coglioni, il grido anticapitalistico del tutto insensato, il percussionista ghanese che valorizza il territorio e senza alcun motivo è ricollocato in un complesso pugliese, ci sono i Negramaro e Jovanotti, pesci grossi che vengono prima degli avanotti, dei pesciolini rossi. Ma soprattutto due rime, una messa sulle spalle del compagno Finardi, “gioia-noia”: la sottoscriviamo senz’altro. E l’altra tutta loro, degli Elii, che mette insieme primomaggio e disaggio, inteso come disaggio sociale con due g alla haiku di Arbasino, un incanto.

  

Ogni tanto qualcuno si ricorda di non essere necessariamente stupido. La scemenza è di rigore, è una variante dello snobismo, è un tratto della rivolta morale, è parte dell’incessante attività dei “culture vultures”, gli avvoltoi culturali che planano sempre su Raitre, per esempio, una rete che accendi e senti, che ne so, una mezza conferenza di Amartya Sen, un cristianesimo profetico e biblicamente corretto, de sinistra, di Gabriella Caramore, due cazzate della Loretta Napoleoni, candidata al Quirinale, e poi subito subito è nominato Pasolini. Con mia moglie faccio sempre questo gioco, in macchina. Accendo Raitre quando non vanno in onda meravigliosi programmi di musica sinfonica e operistica, quando si dà la stura al “disaggio” convocando scrittori e testimoni del tempo, sento parlare di qualsiasi cosa, che poi sono sempre sentimenti e valori, e dico: Selma, attenta, ora arriva Pasolini. Passano uno o due minuti e una voce chioccia, noiosa, da musica balcanica, dice: Pasolini. Immancabilmente.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.