(foto LaPresse)

(1930-2023)

Addio a Mary Quant, la donna che non inventò la minigonna ma la moda democratica

Fabiana Giacomotti

“Io vesto la vita com’è: volgare. Il buon gusto è la morte” diceva la stilista britannica che ha reso la moda essenziale, libera e divertente, cioè quello che vogliamo essere tutti

Per uno di quei micidiali automatismi a cui non sfugge nemmeno la moda, i titoli dei media mondiali nelle ultime ore si sono riempiti di compianto per la scomparsa a novantatre anni, nella sua residenza nel Surrey, di Mary Quant, “la donna che inventò la minigonna”. Mary Quant aveva inventato la minigonna, per quanto si possa rivendicare come rivoluzionaria una gonna a trapezio tagliata, almeno quanto Coco Chanel aveva “liberato le donne dal busto”, cioè per niente. Per quanto e per come la si voglia mettere e girare, la prima minigonna porta la firma di André Courrèges, sfilata estate 1964, venne presentata a Parigi e non a Londra, esattamente come non fu Chanel a togliere il busto alle donne, ma Paul Poiret quasi vent’anni prima dell’ irruzione di quell’abile donnina sulla scena della moda, dopo quasi un decennio trascorso a fabbricare cappelli finanziata dai suoi ricchi amanti. Certe leggende sono dure a morire, soprattutto quando autoalimentate come in questi due casi.

 

“Addio alla donna a cui il mondo riconosce il titolo di “mamma della minigonna” ha scritto l’Ansa, che è forse la definizione più azzeccata. Glielo riconosce il mondo, e tanto deve bastare. La sua boutique sulla King’s road (Bazaar, 1955, successivamente in Brompton road) ospitava i party della Swinging London, con i suoi abitini corti trasformò le strade in passerelle, ed è questo il punto vero, essenziale e profondamente rivoluzionario della sua moda, non i centimetri in più o in meno di quelle gonne che, “viste adesso sembrano delle pezze”, come diceva poche settimane fa uno dei più brillanti venditori di moda vintage di Milano. Lo sapeva anche lei, che le sue gonne nulla avevano di eccezionale, e l’ha sempre riconosciuto, onestamente, in ogni intervista. La sua eccezione era il fiuto, ovvero l’abilità nel cogliere i cambiamenti della società.

Io volevo disegnare per la vita”, disse una decina di anni fa alla studiosa Bianca Lang che la intervistava per l’unico libro serio mai scritto sulla minigonna come fenomeno sociale “e la vita cambia. Le donne erano entusiaste di guadagnarsi i primi soldi e prendere le prime decisioni. Non dovevano più indossare ciò che comprava il padre o desiderava per loro il marito. Essere donne era diventato all’improvviso divertente e (…) ho provocato volentieri con i miei vestiti. Combinavo maschile e femminile, tartan con seta, gilet allungati con minigonne, indossavo calzamaglie color giallo acceso. Questo naturalmente non era ammissibile. Tuttavia non riuscivo a capire tutta quella agitazione. Le persone spesso considerano ciò che è nuovo come volgare. Si aggrappano alle vecchie immagini, Ma la vita è volgare, il buon gusto è la morte”.

Lei stessa, figlia di due severi docenti della London University, si era fatta travolgere da un uomo di quel genere che solo l’Inghilterra aristocratica ha saputo produrre lungo i secoli, Alexander Plunkett Greene: nipote di Betrand Russell, ricco, eccentrico. Quando l’aveva incontrato, alla St Martin’s dove era riuscita da una parte a farsi ammettere, dall’altra a convincere i genitori che ne valesse la pena (l’accordo era stato: corsi d’arte la mattina, di sartoria la sera), portava i capelli lunghi e indossava la casacca di un pigiama di seta dorato della madre, pantaloni attillati bordeaux e mocassini col tacco. “Era lui spettacolare, non io, e senza di lui Mary Quant non avrebbe fatto niente”. Eccessiva modestia, in questo caso: dotata di un paio di belle gambe e molto consapevole del vantaggio, la Mary-Mary-quite-contrary aveva iniziato a tagliarsi le vestine fin da piccola, ispirata da una compagna che ballava il tip tap “sabotando la mia divisa scolastica”.

 

Attribuire la maternità o paternità di quel fatale taglio delle gonne è insomma piuttosto complicato. Era qualcosa che si respirava nell’aria: “Nessuno ha inventato la mini. Nasceva da una volontà. (….)era di sicuro era un modo di essere libere, ma la vera libertà arrivò con la pillola. Per la prima volta fu possibile pianificare maternità e carriera”. Nel 1966 la Regina Elisabetta II la nominò Ufficiale dell’Ordine dell’Impero britannico e nel 2014 Dama “per i servizi resi alla moda britannica”. Ieri al suo capezzale erano raccolti il figlio, Orlando, e i tre nipoti. 

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