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PRIMAFILA

La nascita dell'archivio di Max Mara, una passione per la storia e la scoperta

Laura Lusuardi

La collezione nata "in modo naturale e spontaneo", diventata una "una mostra itinerante che ha toccato le più importanti città del mondo". "Per gli studenti entrare in contatto con questi abiti significa la prima presa di coscienza dell’importanza di sentire la materia"

Non ho mai comprato abiti come una collezionista, ma per passione e per ricerca. Avevo poco più di vent’anni e già giravo per i mercatini del nord Europa in cerca di ispirazione. Non frequentavo solo le bancarelle. A Copenhagen entravo nelle botteghe del porto dove si rifornivano di peacoat i marinai, a Londra nei negozi di caccia e pesca, a New York scovavo a Chinatown i vecchi qipao cinesi. Quei capi rigorosi, essenziali, funzionali, erano una grande fonte di ispirazione per me che ho sempre preferito l’originale alla sua rivisitazione. All’epoca, in Italia, era raro vedere un Barbour. E poi non ho mai buttato nulla: né il più piccolo ritaglio di stoffa, né una foto di prova o il bozzetto di uno stilista.

 

La collezione, e il nostro grande archivio, sono nati dunque in modo naturale e spontaneo; anzi, non mi sono nemmeno resa conto che andasse formandosi, un pezzo dopo l’altro e che sceglievo – e scelgo tuttora – per istinto. Non sono una storica del costume, mi faccio incantare dal dettaglio di una spalla, da un’arricciatura speciale, da un taglio. Poi magari, ma solo dopo, mi accorgo di aver identificato il capo di un grande maestro. La collezione di cappotti dagli Anni Cinquanta agli Ottanta del Novecento, che credo sia la più vasta esistente, è invece il frutto di una selezione e di una ricerca precise. Il primo acquisto fu una mantella di Balenciaga perché nel 1951 Achille Maramotti aveva iniziato guardando alla sua lezione e al suo stile.

 

Negli anni si sono aggiunti capi di tutti i grandi nomi di quel periodo: Madame Grès, Courrèges, Cardin, Chanel. E noi, naturalmente, in una sezione a parte che include tutti i cappotti disegnati per noi da Karl Lagerfeld, Luciano Soprani, Jean Charles de Castelbajac o da Anne Marie Beretta, a un certo punto, è diventata il nucleo di una mostra itinerante che ha toccato tutte le più importanti città del mondo, da Berlino a Shanghai. Collezionare abiti significa salvarli, rendere omaggio alla loro storia e a quella personale di chi li ha ordinati, indossati, modellati su di sé: adesso che mi capita di frequentare anche aste, benché non mi piaccia spendere molto e conservi il gusto della scoperta, ho introdotto con gioia nel nostro archivio capi di Valentina Cortese e, di recente, uno smoking Yves Saint Laurent appartenuto a Catherine Deneuve, ma un’intera sezione è riservata ai guardaroba personali di donne di grande gusto, alcune del tutto sconosciute, perché ritengo sia importante che li frequenta, principalmente i nostri creativi ma anche studiosi e gruppi di studenti, possano analizzare e capire come le mode di un dato periodo siano state interpretate e adattate a un certo stile e a un determinato stile di vita.

 

Per gli studenti, soprattutto, entrare in contatto con questa collezione di abiti, di campioni di tessuto prodotti in ogni parte del mondo, di filati, significa non di rado la prima presa di coscienza della realtà di questo lavoro, dell’importanza di sentire la materia e respirare la storia. Nulla mi dà maggiore soddisfazione di questo. Trasmettere conoscenza e memoria, poter riavvolgere il filo della storia: senza conoscere quello che è stato non si può costruire il futuro.

 


 

Laura Lusuardi è Fashion coordinator del Gruppo Max Mara. Il BAI-Biblioteca e Archivio di Impresa di Max Mara, nato nel 2003 per raccogliere un corpus già molto importante di abiti, tessili, filati, documenti storici, riviste e libri, custodisce attualmente circa trecentomila pezzi. Oltre a tutte le collezioni Max Mara, possiede un’importante raccolta di oltre ottomila capi che hanno fatto la storia della moda che va arricchendosi giorno dopo giorno. Si trova a Reggio Emilia, nella sede liberty di un antico calzificio.

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