Il Foglio della moda

Il marchese rivelato. Un libro finalmente scientifico su Giovan Battista Giorgini

Neri Fadigati

Un tributo alla figura dell’uomo che, ben oltre la moda e la celeberrima prima sfilata del 1951 a Villa Torrigiani – casa sua – il 2 febbraio del 1951, contrassegnò la crescita della manifattura italiana Oltreoceano fra gli Anni Trenta e soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Pubblichiamo un breve abstract del libro “G.B. Giorgini and the origins of Made in Italy”, pubblicato da Gruppo Editoriale di Matteo Parigi Bini. Il volume, in carta a diversi colori, con la riproduzione anastatica delle lettere di buyer, ambasciatori e amici a vario titolo di Giorgini in riproduzione anastatica, rappresenta il primo vero tributo alla figura dell’uomo che, ben oltre la moda e la celeberrima prima sfilata del 1951 a Villa Torrigiani – casa sua – il 2 febbraio del 1951, contrassegnò la crescita della manifattura italiana Oltreoceano fra gli Anni Trenta e soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale. Curato dal nipote di Giorgini, Neri Fadigati, ha fra i tanti obiettivi, e ben oltre l’estetica accattivante e l’approccio scientifico, l’obiettivo di “restituire al mondo il ruolo di mio nonno nell’affermazione del bello italiano di cui la moda era una parte”, come racconta al “Foglio della Moda”. Giovan Battista “Bista” Giorgini “ha sempre voluto vendere il bello, il saper vivere, lo stile, la cortesia italiana. Era convinto che nessuno potesse competere con noi su questi fronti”. Fra i contributi, un ricordo di Giovanna Gentile Ferragamo a cura di Eva Desiderio, firma moda del “Quotidiano Nazionale”, uno sguardo sul rapporto fra il marchese e gli Stati Uniti di Grazia D’Annunzio, quindi il racconto inedito dell’iniziale “gran rifiuto americano” (“temevano la reazione di Parigi”) e della prima sfilata di alta moda italiana a Firenze a cura di Gian Luca Bauzano, e il ruolo degli Stati Uniti nell’affermazione dello stile italiano del Dopoguerra scritto da Sonnet Stanfill. Ricchissima la selezione di stampa dell’epoca.
 


 

(…) Non ancora ventenne, il giovane Bista (i soprannomi erano di regola in famiglia) teneva un fitto diario su quei piccoli quaderni neri con le righe rosse usati fino alla metà del Novecento. Andati perduti, alcuni sono stati fortunosamente ritrovati sulla bancarella di un mercatino antiquario e generosamente consegnati all’Archivio Giorgini che custodisce le sue memorie (…) Dovette occuparsi delle attività di famiglia, in particolare delle cave di marmo, aperte nel 1860 sul monte Altissimo dal nonno Carlo, fratello del senatore (che portava il suo stesso nome, ndr). L’azienda si dedicava anche alla fornitura di opere lavorate, sculture e arredi da giardino. (…) Tra le commesse ricevute vi fu la realizzazione del monumento a Garibaldi per la città di Porto Alegre in Brasile. Bista si rese conto che l’esportazione di oggetti d’arte e alto artigianato poteva essere un valido strumento per la realizzazione del suo sogno. Lasciato ai fratelli il compito di gestire l’attività, spostata sul versante di Massa, dove si trova ancora oggi, si trasferì a Firenze (…) dove il governo americano aveva aperto la prima sede consolare in territorio italiano nel 1794 (…) Giorgini non fu solo un esportatore, ma piuttosto un promotore del marchio Italia o meglio dell’Italia stessa. Bista fu fra i primi a capire che il nostro passato ci garantiva una posizione di vantaggio in un periodo in cui la competizione tra nazioni cresceva con l’approssimarsi del processo di internazionalizzazione. Gli elementi alla base del suo successo furono sostanzialmente tre. Il primo, riguarda la capacità di inserire il proprio operato in un orizzonte temporale molto ampio, che va ben oltre quello personale. E’ lui stesso a dirlo in uno scritto dove dedica i suoi sforzi alle generazioni future. Anche il secondo riguarda l’educazione ricevuta, che anteponeva il bene collettivo a quello individuale. (…) Terzo aspetto: dare molta importanza ai contatti personali. (…) La sua notorietà oltreoceano è confermata anche da una curiosa foto scattata a bordo di un transatlantico, pubblicata su “Our land our people”, volume di “Look magazine” dedicato agli americani, nel capitolo …of our pleasures, con la didascalia “pass the apple”. (…) Giorgini si rivelò essere la persona giusta, nel momento in cui l’Italia divenne un Paese centrale nella visione strategica del governo americano (…) Il suo ruolo fu talmente apprezzato che Harry Truman, durante un viaggio in Europa compiuto al termine del mandato, volle fargli visita (…) Giorgini riscoprì le qualità che affascinavano gli stranieri, dimenticate dopo la dittatura e il conflitto. (…) Fay Hammond del “Los Angeles Times”, che aveva con lui un forte legame di amicizia, scrisse nel 1954 che solo raggiungere Palazzo Pitti attraversando il centro della città era un’esperienza meravigliosa e una volta arrivati si poteva avere prova della fantastica ospitalità italiana. Quell’anno, per l’ottava manifestazione, erano presenti compratori in rappresentanza di ottantuno aziende. Ognuno doveva lasciare un deposito per acquisti di duecentomila lire. Nove anni dopo, Molly Ballantyne, buyer del grande magazzino Ogilvy di Montreal, inviò un telegramma al giornale della sua città in cui il confronto Firenze-Parigi era impietoso. “A Parigi la settimana delle sfilate di moda è come l’ora del pasto al giardino zoologico, ma qui a Firenze è invece simile a un gala”.

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