(foto Ansa)

passerelle virtuali

La bolla delle modelle, l'accordo con la Russia

Fabiana Giacomotti

Un'altra fashion week sui generis. Con registrazioni di sei ore

“Non chiamarli più casting, ormai è più corretto definirli audizioni, come in teatro. E dopotutto, questo sono. Sostanzialmente, una selezione di attori. I miei collaboratori non hanno nemmeno più il planning delle sfilate, ma delle registrazioni. Che talvolta durano anche cinque, sei ore”, dice al telefono Piero Piazzi, ceo di Women Milano, da tempo remoto (ma non diciamo quanto: è ancora un uomo bellissimo e ci tiene) uno dei più famosi agenti internazionali di modelle. Negli anni ha lanciato chiunque vi venga in mente, da Marpessa a Monica Bellucci ad Alessandra Ambrosio. Ama dire che “la bellezza non è perfezione ma equilibrio elegante fra elementi diversi” e in queste ore è molto sconsolato. Solo Fendi ha ingaggiato quaranta modelle per la sua sfilata; il resto delle maison e dei marchi non supera la metà. Business ridotto di due terzi, perché in questi giorni si vanno costruendo non sfilate vere e proprie, ma recite e spettacoli in grado di restare nella memoria di milioni di persone già sovra-sollecitate dall’esposizione costante ai video.

 

E poi c’è la questione della bolla: se un tempo, terminato il fitting nei giorni antecedenti allo show, e quindi il trucco, il parrucco e la sfilata nel giorno stabilito, una modella era pronta per calcare un’altra passerella e anzi, correva da un fitting a un trucco senza soluzione di continuità, intersecando e accavallando appuntamenti, le normative anti-Covid hanno reso il double, triple bill quotidiano del tutto impossibile. Idem per truccatori, vestiaristi, registi, cameramen, eventuali rarissimi ospiti: tampone all’arrivo, permanenza nella “bolla” fino alla fine. Nessuno scambio possibile, nessuna sovrapposizione, qualche problema diplomatico attorno ai dieci-quindici nomi del momento che tutti vogliono, (che oltre alle modelle includono per esempio la truccatrice star Pat McGrath, neo dama dell’Impero Britannico).

 

Da questo, pessimo, combinato disposto, Donatella Versace ha deciso di spostare la propria sfilata, ovviamente online e registrata, a cinque giorni dalla fine della fashion week milanese, diffondendola sui propri canali social, ovviamente certa del risultato. Se invece di essere Donatella Versace fosse stata una qualunque emergente, il colpo non le sarebbe riuscito, da cui ovvia considerazione: in questa pandemia, resti a galla solo se hai spalle solidissime.

 

Il presidente della Camera Nazionale della Moda, Carlo Capasa, ha chiamato personalmente le principali ambasciate e ha raggiunto un accordo con la Russia: via libera senza quarantena a modelle, buyer e giornalisti, purché provvisti di certificato di negatività al virus, per un tempo massimo di permanenza in Italia di cinque giorni. La Cina, sospira, ha detto di no, grazie: molti alberghi non riaprono. Quella di Valentino al Piccolo Teatro sarà l’unica sfilata sì in digitale, ma trasmessa in diretta, della settimana: le prove inizieranno a ore. Insomma, come si scriveva, lungi dal diventare la piattaforma democratica che ci si immaginava allo scoppio della pandemia, la moda si è trasformata in una sorta di “bolla dei famosi” che però presuppone la cura di un film di Luchino Visconti. Da tutto questo, capirete perché Piazzi sia desolato e gli si debba ripetere più volte che questa sarà certamente l’ultima volta, vedrai, e che da settembre sarà meglio sicuramente, e lo dice anche Confindustria Moda che, un trimestre dopo l’altro, rincuora il sistema perché null’altro si può fare, rincuorarsi a vicenda a dirsi che così mai più.

 

La bolla delle modelle della fashion week milanese incipiente rischia di essere più pericolosa (e perditempo, e anti-economica) di quella immobiliare dei tempi anti-Covid che furono, cioè quando si stava talmente peggio da stare certamente meglio. Si parte domani, 24 febbraio, con sessantuno sfilate, quasi esclusivamente in digitale, e circa sessanta presentazioni alle quali i più coraggiosi presenzieranno su appuntamento (si entra un quarto d’ora dopo che l’ultimo visitatore è uscito e un addetto ha disinfettato tutto: se trasporti e abitazioni private mettessero nella prevenzione la stessa attenzione che i decreti impongono a moda e teatri avremmo già debellato il virus). Di bolla in bolla, già stamattina Brunello Cucinelli, il più smart di tutti, ha presentato le collezioni via zoom dalla sede di Solomeo con il presidente di Camera Nazionale della Moda accanto, esattamente come aveva fatto un mese fa per le collezioni uomo con il ceo di Pitti Raffaello Napoleone, mettendo quindi il suo borgo medievale umbro al centro della mappa della moda nazionale, ma nonostante gli sforzi congiunti al di qua e al di là dello schermo del computer, valutare la bellezza delle lavorazioni e la grazia di chi indossava i capi presupponeva una conoscenza per così dire anteriore, forse non platonica ma comunque molto precisa, dell’idea di moda. 

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