Dirty Dancing

Massimo Morello

La campagna "moralizzatrice" del premier thailandese si scontra con l'anima edonista nazionale 

In Thailandia è in corso una guerra culturale. L’ha dichiarata il primo ministro Prayut Chan-o-cha, il generale a capo della giunta militare che ha preso il potere nel 2014, contro Lumyai Hai Thongkham, 18 anni, pop star che deve gran parte del suo successo al suo modo di interpretare il lum sing, in particolare il movimento volgarmente definito ka-dao.

Il lum sing, in effetti, è un modo di ballare molto sexy al ritmo del luk thung, una forma di country thailandese. Il ka dao è un movimento che possiamo paragonare alla nostra “mossa”, ma decisamente più esplicito.

  

Secondo il generale Prayut tutto ciò è frutto di una contaminazione culturale occidentale, che sta corrompendo la kwampenthai, la thailandesità. Spettacoli come quelli di Lumyai potrebbero addirittura essere alle radici di molti problemi: dallo stupro all’omicidio. Del resto il primo ministro aveva dichiarato che i bikini sfoggiati da molte turiste occidentali sono un’istigazione alla violenza sessuale.

La giovane Lumyai, dal canto suo, che nel frattempo è divenuta un’icona, ha invece dimostrato di essere una perfetta incarnazione del vero spirito thai, quello che si fonda sul concetto del sanuk, della gioia di vivere. Ha risposto che per il bene del paese ridurrà drasticamente il numero dei ka-dao (da nove a tre) e indosserà pantaloncini più castigati.

Questa stessa vicenda, in fondo, è una manifestazione di thailandesità. Potrebbe essere la trama perfetta per un lakorn, una delle soap opera tanto amate dai thai. Peccato, però, che in questo momento il “Lumyaigate”, com’è stato definito, sia solo una delle tante manifestazioni di un potere che cerca di trasformare la Thailandia e la stessa kwampenthai in qualcosa di diverso. Ma forse è proprio così che il potere perde consensi. Come affermava uno slogan del ’68: “una risata vi seppellirà”.

Da "The Nation"

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