La preminenza dell'Indovino

Massimo Morello

Magie, sogni e incubi nella politica di Trump e in memoria di Terzani

«Mi piace consultare gli indovini. Mi diverte soprattutto stare a vedere se le previsioni si avverano». Così ha dichiarato un politico thai. La magia, gli Spiriti, l’astrologia sono un elemento fondamentale per comprendere la politica del Sud-est asiatico. Gli indovini, i maghi, i cartomanti, diffusi come le bancarelle di street food, sono i consiglieri, più o meno occulti, di governanti, imprenditori, militari. Uno dei più famosi è birmano: E Thi (si pronuncia ET). Il suo segreto è di ammettere che «certe predizioni si avverano, certe no. Dipende da come ti comporti dopo averle conosciute».

Viene da pensare che la politica asiatica del presidente Trump sia influenzata da un indovino e quindi corretta giorno per giorno dalle diverse, possibili interpretazioni delle profezie. E’ così che si spiega il suo rinnovato interesse per i paesi dell’Asean. Dopo averli delusi col ritiro del Tpp e ancor più umiliati col suo disinteresse, ora sembra cercarne l’appoggio, probabilmente nella sua nuova visione dello scenario asiatico. E così ha invitato alla Casa Bianca il presidente filippino Duterte e il primo ministro thai Prayuth Chan-ocha. La mossa segna un netto distacco dalla politica di Obama. Per quanto l’ex presidente avesse impostato la sua politica estera sul “Pivot to Asia”, far perno sull’Asia, aveva anche preso le distanze dal governo filippino e thai, accusati di violazione dei diritti umani e delle libertà civili. Il presidente Trump, invece, considera prioritari gli interessi strategici innescati dalla crisi con la Corea del Nord.

La sua relpolitik, tuttavia, non sembra aver avuto successo. Duterte ha dichiarato di non sapere se avrà tempo per andare a Washington. Prayuth, probabilmente, il tempo lo troverà, ma è da vedere se abbia perdonato l’affronto di non esser stato chiamato prima. Nel frattempo, sentendosi tanto trascurate (il che in Sud-est asiatico è peggio dell’essere criticati) Thailandia e Filippine si sono sempre più avvicinate alla Cina. Come hanno fatto anche Singapore e Vietnam, le nazioni più colpite dal ritiro dal TPP. Inoltre, nel summit Asean (l’Associazione delle nazioni del Sud Est Asiatico) appena concluso, i paesi aderenti hanno dimostrato di non ritenere una priorità le dispute territoriali sul Mar della Cina Meridionale. Il Pacifico Occidentale, in altri termini, sembra destinato a divenire il Mare Nostrum della marina dell’esercito popolare di liberazione, campo di esercitazione delle sue nuove portaerei e dei fantascientifici cacciatorpedinieri stealth armati di cannoni elettromagnetici.

Se Trump fosse un politico thai, a questo punto, non gli resterebbe che far offerte agli Spiriti affinchè lo guidino nella corretta interpretazione di quanto predetto. Potrebbe anche chiedere al generale Prayuth di portargli qualche potente phra kreung, amuleti cui si attribuisce il potere di tener lontani mali e pericoli. 

***

Intanto, mentre in tutta l’Asia indovini, politici e generali discutono di un futuro sempre più oscuro, nel surreale scenario della Thailandia contemporanea, dove il mondo del saiyasat, il soprannaturale, è profondamente radicato nell’inconscio collettivo, i farang, gli stranieri, continuano a essere preda dei nimitti, le allucinazioni. Orrore, segreti, misteri, spiriti, simboli, e poi l’incanto, l’illuminazione, la bellezza, il pellegrinaggio, accompagnano le visioni della mitica figura del “viaggiatore” che si muove nell’Asia del sogno orientalista minacciata “dalle fauci del mostro capitalista della globalizzazione forzata che ci vuole tutti uguali e senza anima” come si legge nel blog “asia-monamour”. Ne è buon esempio la petizione lanciata sul sito change.org: “Salviamo Turtle House, la casa a Bangkok di ‘Un indovino mi disse’ di Tiziano Terzani”.

La vicenda è semplice. Tra la fine del 1990 e il 1994, Tiziano Terzani visse a Bangkok “nella casa più bella e fatata in cui abbiamo mai vissuto, un’oasi di vecchio Siam in mezzo all’orrore del cemento...». In quel periodo, nel 1993, per rispettare – o meglio, interpretare correttamente - la profezia di un indovino che gli aveva sconsigliato di spostarsi in aereo, realizzò quei reportage “via terra” che divennero poi il suo libro più famoso “Un indovino mi disse”. Quella casa - Turtle House, la chiamò Terzani, per la tartaruga che viveva nello stagno del giardino - è un luogo affascinante, proprio come lui la descrisse. Così mi apparve in una visita che gli feci per intervistarlo. Ricordo lo stagno e la tartaruga, il suo studio pieno di libri, la san phra phum, la casetta degli spiriti dove i thai collocano statuette di dei e spiriti e figurine degli antenati e dove Terzani aveva collocato una foto dei genitori. In quella stessa casa tornai molti anni dopo, per cena. Era stata trasformata in ristorante, il Lai Thai. Ricordo che non mangiai molto bene e che lo studio di Terzani era divenuto una specie di magazzino.

Il Lai Thai Restaurant

Per gli italiani di passaggio a Bangkok, tuttavia, era un’attrazione turistica, per alcuni una meta di pellegrinaggio: nei blog o su tripadvisor era citata in toni entusiastici e presentata in modi e forme pittoresche (addirittura una “casa galleggiante”, forse per i tavoli disposti su una piattaforma sopra lo stagno). Nonostante ciò il Lai Thai era destinato a chiudere. Soprattutto perché si trovava in una delle zone a più alto sviluppo della capitale thai, in quella Sukhumvit Road che è divenuta una Manhattan. E così il terreno è stato messo in vendita per una cifra che oscilla tra i 4 e gli 8 milioni di euro (anche in questo caso le voci sono incontrollabili). Da qui la petizione per salvarla e trasformarla in museo, centro culturale, scuola di lingue, luogo di aggregazione e condivisione. Una proposta che sembra quantomeno velleitaria, dati i costi. Ma ancor più dettata da un ennesimo sogno orientalista, di una Thailandia che è ancora il Siam. Senza contare che per i thai quella casa non ha particolare valore storico o architettonico. Non è la versione italica della casa di Jim Thompson, l’avventuriero americano che fu a capo della stazione di Bangkok dell’OSS, l’Office of Strategic Services, il servizio segreto che sarebbe poi divenuto la CIA.

La Jim Thompson House

In seguito Thompson fu il deus ex machina della moderna industria della seta thai e costruì una splendida casa nel centro di Bangkok, dove abitò sino alla sua misteriosa scomparsa, nel 1967, arricchendola con una collezione d’arte asiatica che raccoglieva nei suoi viaggi nell’area.

Terzani invece traslocò dalla Turtle House per trasferirsi in India e non vi fece ritorno. Più che “un luogo dell’anima”, com’è stata definita, appare un luogo dove qualcuno vuole esorcizzare i propri nimitti, le allucinazioni, della globalizzazione.