Il piano B delle calciatrici professioniste

Simonetta Sciandivasci

Lizzie Durack è laureata in Economia e studiosa di neurobiologia a Harvard, oltre ad essere portiere dell’Everton

Avete un minuto e mezzo di tempo per pensare ad almeno tre calciatori coltissimi (vivi e in attività). Fatto? Non ve ne viene in mente neanche uno? Non è colpa vostra: sono una rarità. Stesso non dicasi per le calciatrici, che spesso sono studiose, laureate, plurilaureate, ricercatrici. Avviene per la più classica delle ragioni: fare di necessità virtù. Ma non solo. Le calciatrici professioniste sono una novità quasi ovunque, quindi devono disporre sempre di un piano B e curare istruzione e prestazione allo stesso modo: così ha scritto il Guardian quando ha raccontato la storia di Lizzie Durack, anglo-australiana, ventiquattrenne, portiere dell’Everton, laureata in Economia e studiosa di neurobiologia a Harvard.

  

La sua, tuttavia, non è la storia di un piano salvavita, bensì la prova di una volontà precisa di raccordare studio e sport. Poiché, in Inghilterra, Lizzie non trovava accoglienza per il suo progetto sinergico, si è proposta ad alcune università statunitensi: ha inviato il curriculum e un video, Harvard ha risposto, l’ha presa, lei è arrivata, ha studiato, ha giocato nelle squadre dei maschi, si è divertita ed ha faticato – “gli americani sono entusiasti di tutto!” – e alla fine qualcun altro l’ha notata, è finita in Australia, ha preso a giocare anche lì, fino a quando non ha ricevuto una mail da Harvard. Le dicevano che in Inghilterra cercavano un portiere femmina. Così, è finita all’Everton. Tra una cosa e l’altra, ha rifiutato un posto alla Goldman Sachs, dove, invece, lavora il suo ragazzo. “Lui guadagna più di me, ma non gioca a calcio tutti i giorni: non sarebbe stato giusto accettare quel lavoro solo per la gratificazione di uno stipendio più alto”, ha detto. Ci vorrebbe una Lizzie in ogni famiglia: va bene anche in formato Barbie.

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