Come si distrugge il calcio femminile? Insegnandolo a scuola

Simonetta Sciandivasci

Vi ricordate le lezioni di ginnastica? Ecco

L’autodistruzione del calcio femminile, il momento che certuni aspettano da mesi (anni?) potrebbe arrivare presto e pure per vie legali. Come? “Bisogna far entrare il calcio femminile come sport praticato nelle scuole”, ha detto Elena Tagliabue, fondatrice e presidente dell’Asd Femminile Inter Milano, società calcistica prossima all’accorpamento con Fc Internazionale Milano, che in dieci anni di esistenza è passata da 65 atlete a 160, dalla serie C alla quasi A, quindi è persona in possesso dei requisiti giusti per venire assecondata prima d’esser capita.

   

Facciamo finta d’ignorare che la maggior parte delle cose impartite a scuola, da Manzoni ai lavoretti in colla vinilica, son destinate a repellenze decennali, superabili – forse – se e solo se a esse s’ispirino molte stagioni di fiction Rai. Illudiamoci che una mutazione antropologica profonda abbia trasformato gli insegnanti italiani in portatori sani d’entusiasmo.

 

A questo punto, ricordiamoci di quando, adolescenti, racchi, sovrappeso, occhialuti, afflitti, attivisti politici e/o artisti con un’immagine di estraneità dalla vita pratica da curare, venivamo costretti, da un/a prof. che ci sbagliava il cognome, a fare la cavallina, cioè a saltare col culo per aria, davanti a una ventina di persone tra cui la donna o l’uomo della nostra vita, che ci osservavano mentre quel tratto di schiena dal quale spuntava la canottiera ficcata nelle mutande da nostra madre veniva allo scoperto.

 

Ricordiamoci del puzzo che i nostri corpi emanavano al quinto minuto di palla a tamburello. Lì risiedono le ragioni per cui gli italiani sono uno dei popoli più sedentari d’Occidente, la ginnastica sopportano di vederla in tv, durante le Olimpiadi, meglio se invernali. Col calcio femminile sarà diverso? Inviateci le vostre ipotesi: ne faremo una fiction preventiva.

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