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Come fare bella figura in salotto senza necessariamente sapere quel che si dice

Essere bannati

Andrea Ballarini

Può capitare a tutti: basta una parola fuori posto, una foto inappropriata e, a volte, una semplice distrazione. L’importante è avere qualche concetto molto tranchant da dire subito. E se non ce l’avete, eccovene qualcuno da usare con disinvoltura

- La gogna dei nostri tempi.

 

- Se non si è stati bannati neanche una volta da un social network si è dei democristiani della rete. Convenirne.

 

- Per far fronte alla forzata astinenza da Facebook durante il periodo di ban, aprire un nuovo profilo con la traduzione in un’altra lingua del proprio nome (p.es. Giovanni Rossi-Jean Rouges). Chic.

 

- Avere un amico che ha scritto in un post “Tu lo sai, per esempio, che John Wayne era frocio?” citando Manuel Fantoni in Borotalco, ma essere incappato in un occhiuto revisore che non deve mai essere andato al cinema e che lo ha bannato. Tuonare contro l’ottusità dei censori.

 

- Le satire che il censore capisce è giusto vengano vietate. (Karl Kraus)

 

- Bannare qualcuno è l’esperienza più simile all’omicidio che si possa fare senza incorrere nel codice penale. Convenirne.

 

- Essere tolti dalla lista degli amici di qualcuno è una ferita narcisistica da cui non sempre ci si riprende. Soprattutto se la persona che ha tolto l’amicizia è la stessa che l’aveva chiesta. Parlare di smarrimento del senso.

 

- Equivocare il termine “bannare” credendo faccia riferimento al banno feudale. Vale anche equivocare apposta per suggerire un vasto bagaglio culturale.

 

- Scagliarsi contro i revisori di Instagram che bannano “Dolce droga” di Young Signorino ma lasciano passare senza fare un plissé “Lucy in the sky with diamonds” dei Beatles. Aspettare fiduciosi che qualcuno insorga scandalizzato e si scateni la rissa.

 

- Coltivare una piccola pepinière di haters è lo splendore sociale. Se poi alcuni di essi vengono anche bannati è il massimo che si possa desiderare.

 

- Proporre un disegno di legge che implichi la rimozione a vita di tutti i nazigrammar dai social network.

 

- Durante una conversazione in società dire di avere scoperto solo recentemente che l’iban non era la versione di Apple del ban. Très chic.

 

- L’anno scorso la nota pornoattrice Valentina Nappi ha postato su Facebook due suoi scatti (fronte e retro) in abbigliamento intimo con la didascalia: “Bannami pure. Non mi importa.” Solidarizzare con il povero Mark Zuckerberg postando sulla sua pagina personale: “Quanno te dice male pure le pecore mozzicano.”

 

- Per far capire di possedere una vasta cultura, alla prima occasione fare notare che in francese “afficher le bans” significa “fare le pubblicazioni”. Di seguito far partire una dotta dissertazione sulla Francia, da sempre terra delle libertà, in netto contrasto con i rigurgiti di puritanesimo degli Stati Uniti. Arabescare a soggetto.

 

- Ho perso la fede nella parola, me l’ha restituita la censura. (Stanisław Jerzy Lec)

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