Come fare bella figura in salotto senza necessariamente sapere quel che si dice

Le chat di classe su WhatsApp

Andrea Ballarini

È uno dei grandi flagelli della nostra quotidianità. Se si ha un figlio in età scolare è quasi impossibile non esserne devastati per almeno sei o sette anni. Ecco allora cosa pensarne e, soprattutto, cosa dirne

- Una delle principali questioni irrisolte di questo momento storico, seconda solo al riscaldamento globale.

 

- Vivere nel terrore di essere iscritte a vostra insaputa a una o più di esse.

 

- Essere colti da un accesso di furore al ricevimento di una foto di vomito con l'annessa richiesta: "Questo è quello che ha prodotto Fabietto dopo aver mangiato un pacchetto di caramelle alla ciliegia. Secondo voi lo devo portare dal pediatra?"

 

- Non riuscire più a frequentare gli amici poiché qualunque conversazione viene devastata dalla raffica di notifiche. D'altra parte non osare spegnere il cellulare, perché tra le mille cazzate potrebbe nascondersi una comunicazione importante. (Vedi seguente)

 

- Constatare che si ricevono talmente tanti messaggi del cavolo ogni giorno, che se lì in mezzo ci fosse anche quello di vostra sorella che vi informa che papà ha avuto un infarto, non ve ne accorgereste neppure. Dolersene.

 

- Avere combattuto per i primi due anni di elementari, leggendo qualunque cazzata vi arrivasse, ma ora essersi arrese e non leggere più nulla; tuttavia non cancellarsi dalla chat. Trovarlo molto liberatorio.

 

- Essere orgogliosamente asociali e fiere di proclamare che non ve ne frega niente di quale sia il decorso della varicella che flagella il figlio della vostra vicina di casa, nonché ex-compagno di classe di vostro figlio. (Vedi seguente)

 

- C'è solo una cosa più molesta della chat di classe, la chat della precedente classe di vostro figlio, ancora attiva.

 

- Le chat di classe sono l'estremo baluardo della discriminazione sessuale nell'era della comunicazione, giacché il 99,9% dei partecipanti è composto da mamme. Dedurne che i padri siano rimasti ai tempi del duplex.

 

- Rimpiangere i tempi in cui non c'erano le chat e si poteva ignorare spensieratamente qualunque comunicazione sulle prossime gite di classe o sul dress code per la festa di Carnevale.

 

- Proporre un disegno di legge che riservi l'uso di WhatsApp ad adulti sani di mente e che comporti l'onere della prova.

 

- Sostenere che rendere tutte le chat di classe a pagamento sia assolutamente indispensabile per ogni società che ambisca a definirsi civile. Così poi vediamo se scriveranno tante cazzate. Borbottare con ostilità.

 

- "Ma la cacca di Filippo com'è? Filamentosa?" (Verbatim da una chatline di mamme della Scuola dell'Infanzia Ada Negri di Roma)

 

- Stigmatizzare tutte le madri ultrareattive che si offendono per un aggettivo insolito e che poi scrivono post rancorosi per mesi oppure, nell'ipotesi peggiore, scrivono verbosissime mail private per cazziare l'autore.

 

- Tuonare contro la sintassi avventurosa di una cospicua quota di mamme.

 

- Concionare contro l'uso improprio di uno strumento nato per informare i genitori su argomenti inerenti alla vita di classe. Di seguito, proporre il ritiro del telefonino a chi posta messaggi del tipo: "E oggi caciucco alla livornese!"

 

- Temere gli auguri di Natale, Capodanno ecc. via chat e, massimamente, l'uso deplorevole di rispondere "Grazie" mettendo in copia tutti. Carta e penna alla mano fare un rapido calcolo teso a dimostrare che se ciascuno dei quaranta membri della chat rispondesse "grazie" mettendo in copia tutti gli altri, prima di sera si totalizzerebbe un numero di rimpalli pari alla popolazione della Repubblica Popolare Cinese.

 

- Testimoniare che, talvolta, l'ostilità di certe mamme nei confronti di quei bimbi che dovessero presentare episodi transitori di diarrea si spinge fino a impedire loro l'accesso alla classe. Chiedersi come si sia riusciti a raggiungere l'età adulta, alla luce dell'estrema corrività con cui ai propri tempi si fronteggiavano simili evenienze. Valutare se parlare di caccia alle streghe.

 

- Opporsi strenuamente a che una mamma particolarmente volitiva lanci anche quest'anno la caccia all'untore al primo caso conclamato di pidocchi. Se il livello culturale dell'audience genitoriale lo consente citare "Le origini del totalitarismo" di Hannah Arendt.

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