Come fare bella figura in salotto senza necessariamente sapere quel che si dice

Panettone e pandoro

Andrea Ballarini

Coppisti contro Bartaliani. Brasatisti contro vegani. Popolo del sì contro popolo del No. Un paese abituato a contrapporsi su tutto come può trovarsi unito anche solo per il giorno di Natale? 

- Da piccoli si preferisce il pandoro, burroso e materno, da grandi vince a mani basse il panettone, opulento e dotato di maggiore personalità. Arabescare a soggetto.

 

- Detestare i canditi del panettone. Evitare: usurato.

 

- Ricordare che fino alla metà degli anni Sessanta il pandoro non aveva mercato fuori da Verona.

 

- Rimpiangere i panettoni e i pandori di una volta, quelli di oggi ne sono solo la pallida copia, omologati dalle uova in polvere e dai lieviti chimici. Convenirne.

 

- Amarli entrambi, purché di fattura artigianale. Diffondersi sulla loro siderale distanza da quelli industriali.

 

- Vantarsi di conoscere l'unica marca industriale di pandori e panettoni che valga la pena di comprare. Disprezzare tutte le altre.

 

- Essere filologi del panettone; detestare ideologicamente tutte le varianti moderniste: senza canditi, con mandorle, con glassa. Aborrire senza meno tutte le elaborazioni per i target nevrotici: allo champagne, al cioccolato, al moscato, alla crema al limone eccetera.

 

- Il pandoro oggi è diventato uno spugnone amorfo e insapore. Ricordare tempi più salutisticamente spensierati quando trasudava burro.

 

- Da bambini c'erano solo due marche di panettone degne di questo nome: Motta e Alemagna; tutte le altre erano percepite come pallidi succedanei per target con il braccino corto. Con gli anni la situazione si è invertita.

 

- Non essere mai riusciti a superare pienamente l'imprinting che l'uvetta sultanina assomigliasse tragicamente alle caccole.

 

- Avere dei nonni di antica schiatta meneghina che guardano ancora con sospetto il pandoro e i suoi tifosi.

 

- Ci si qualifica come profondi conoscitori delle tradizioni milanesi ricordando che il 3 febbraio, giorno di San Biagio (che "el benediss la gola e el naas"), si mangia un pezzo di panettone avanzato da Natale, al fine di proteggersi dai malanni di stagione. Nel caso, replicare che affinché il rito funzioni è fondamentale che il panettone sia stato benedetto. Evitare pipponi sulla religiosità popolare.

 

- Il pandoro è da fighetti.

 

- Ogni anno provare un crescente desiderio di strangolare tutti i bambini delle pubblicità dei panettoni e dei pandori.

 

- Disapprovare i panettoni gastronomici: una pleonastica orgia calorica di cui non si sentiva affatto il bisogno.

 

- Nelle famiglie poco numerose l'ultima fetta di panettone agonizza in orridi sacchetti di plastica fino alla terza settimana di gennaio. Deplorare.

 

- Ogni volta che qualcuno propone un brindisi a champagne e panettone dare sfogo a una concione enologica sull'incompatibilità dei due alimenti. Perorare la causa del moscato.

 

- Per anni essersi scambiati il panettone con parenti di secondo o terzo piano; in un paio di occasioni avere donato un panettone di una certa marca e averne ricevuto uno della stessa con un effetto vagamente surreale. Dolersene.

 

- Aborrire tutte le alternative regionali al panettone: Tronchetto di Natale piemontese; Zelten altoatesino; Bisciola valtellinese; Gubana friulana; Pandolce ligure; Panone di Natale dell'Emilia-Romagna; Panforte toscano; Panpepato umbro; Parrozzo abruzzese eccetera. Valutare se infilarsi in una dissertazione su Milano capitale morale del Paese.

 

- Notare che il panettone annovera frange di tifosi ben più integraliste di quelle del pandoro. Trarne deduzioni sociologiche alla carlona. (Vedi seguente)

 

- Per rianimare la fase postprandiale dei bagordi natalizi lanciare una provocazione sulla presunta superiorità morale di cui si sentono portatori i mangiatori di panettone nei confronti dei pandoristi.

 

- Lo spot del panettone Motta che sfotte i vegani, nel bene o nel male resterà. Apprezzare la temerarietà del direttore marketing.

 

- Sostenere che la densità del panforte è la prova provata dell'esistenza dell'antimateria.

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