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In quel baraccone di “Ballando” la danza è quasi scomparsa. E prima o poi arriverà il Tar

Andrea Minuz

Mentre altrove si celebra la leggerezza, del ballo, da noi il format è stato piegato alle grandi passioni nazionali: la litigiosità, il protocollo, l’ufficio-reclami, l’accumulo di cariche con Selvaggia Lucarelli giurata e insieme fidanzata di un ballerino in gara

Mentre l’edizione americana di “Ballando con le stelle” passa su Disney Plus, e diventa “il primo programma in diretta sulla piattaforma streaming”, la nostra finisce in mano agli avvocati. Fomat globale, usi e costumi locali. La vittoria di Luisella Costamagna s’adombra di polemiche sul “merito” e si allinea subito all’agenda del nuovo governo. Il Codacons chiede alla Rai i tabulati della votazione finale, Selvaggia Lucarelli si pente di aver partecipato, i giurati vogliono una riforma del “sistema contorto di votazione”, troppo oscuro, troppo complicato, peggio della legge elettorale. Si sente in lontananza l’odore del Tar del Lazio. Nel “Dancing with the stars” della Abc trionfa Charli D’Amelio, TikToker diciannovenne, idolo dei teenager, cento milioni di follower, elogi di Forbes per il fatturato, garanzia di una transizione danzereccia e intergenerazionale tra vecchi e nuovi media. Qui invece tutto un ribollire di piccolo mondo antico, funzionari Rai e ballerini quota 100. Mentre altrove si celebra la leggerezza, la spensieratezza, la frivolezza del ballo, da noi il format andrà piegato alle grandi passioni nazionali: la litigiosità, il protocollo, il regolamento, l’ufficio-reclami, la prosa macchinosa e pomposa, la burocrazia, le commissioni di vigilanza, il conflitto di interessi, l’accumulo di cariche con Selvaggia Lucarelli giurata e insieme fidanzata di un ballerino in gara, e la clausola, la “protesta per iscritto”, il cavillo, però precisando che si “rispetta sempre il verdetto della giuria”, come in tutti gli “ho fiducia nell’operato della magistratura”, nel paese dove non si ha fiducia mai in nulla.

 

Il programma di Milly Carlucci è la balera d’Italia: malandata, decrepita, rissosa, eppure indistruttibile. Tenuta in vita da contestazioni, controversie, strascichi. E’ il format più longevo della Rai, anello di congiunzione tra il vecchio varietà e la galassia dei reality-trash, progettato a suo tempo per contrastare la saga di Maria De Filippi. Quindi eterno, immutabile, sempre uguale a sé stesso in questi vent’anni quasi di prima serata. D’ora in poi non potremo più andare ai rave party, ma avremo sempre “Ballando con le stelle”.

 

Ogni stagione si chiude con una lunga coda di polemiche, frecciate, litigate a distanza che riproducono in versione “dance” i toni e i modi della politica Italiana, e ben presto diventano l’unica cosa memorabile, gli highlights di “Ballando con le stelle”. All’inizio erano più che altro piccoli screzi di giuria, flirt, sguardi malandrini, strusciate tra una capoeira e un cha cha cha. Subito però partirono anche le polemiche per gli ingaggi e i quanto-ci-costa-tutto-questo. La prima edizione di “Ballando” è quella di Hoara Borselli, destinata a un radioso futuro retequattrista, dell’abbinamento alla Lotteria Italia, ma anche del cameo di Maradona che accende l’indignazione collettiva: un balletto di un minuto con la moglie, in collegamento da Buenos Aires, con cachet da quattro milioni di euro, sempre negato da Viale Mazzini, comunque subito pignorato dallo stato per pendenze di Maradona col fisco italiano. Un inizio col botto. Poi una marea di infortuni, capitomboli, svenimenti, appendiciti, intossicazioni alimentari che sono diventati la cifra del programma (andando a memoria: emorragia al naso per Alessandra Mussolini, risonanza magnetica al ginocchio per Rosalinda Celentano, distorsione del legamento per Anna Oxa, appendicite per Raimondo Todaro, vari tamponi positivi durante il Covid). Poi in un crescendo di intorbidimento, ecco l’ombra di falsi profili Twitter per essere votato programma dell’anno, il caso Gessica Notaro, giusto, sbagliato, opportuno, inopportuno, ecco immancabile l’omofobia, anche per bilanciare la svolta sempre più queer del format, con Zazzaroni che non vota il ballo same-sex. E poi il finto flirt di Elisa Isoardi messo su dagli autori, i dubbi su Mietta no vax, le barzellette zozze di Iva Zanicchi, fino all’apologia della X-Mas, con Enrico Montesano quasi meglio di Lars Von Trier, quando fu cacciato da Cannes per le sue dichiarazioni su Hitler, ripresentandosi poi l’anno dopo sul red carpet di Berlino con la t-shirt “persona non grata” e il logo di Cannes (Montesano potrebbe sempre sfoggiarla l’anno prossimo nel serale di “Amici”). Aspettiamo intanto il tanguero terrapiattista, il maestro di valzer antisemita, il re del paso-doble di QAnon, quantomeno una rumba di Alessandro Orsini, magari in coppia con la Berlinguer. Siamo fiduciosi. 

 

Come ogni programma che ambisce a farsi termometro nazionalpopolare del paese, “Ballando con le stelle” si è via via inferocito, inseguendo la curva d’incattivimento della società italiana con un occhio al crollo demografico (quindi anche tutta un’inevitabile linea “aging” che ha fatto fortuna, dal tango di Albertazzi all’exploit di Valeria Fabrizi). Selvaggia Lucarelli evoca ora scenari oscuri: “Lo scorso anno avevo la polizia a vigilare per le minacce dei No vax. Sotto casa mi guardo intorno, sto attenta a chi mi passa accanto. Detto ciò, mi sa che ho rischiato di più nei corridoi di ‘Ballando’ quest’anno”. Ma anche in questo clima da golpe, anche nel suo tracollo trash e sguaiato, “Ballando” mantiene sempre intatto quel senso di eternità, di stasi, di negazione delle leggi del ritmo televisivo con le sue tre ore di durata e l’idea di una prima serata a forma di Telethon (una puntata di “Dancing with the stars” dura la metà, lì il ritmo è sacro). “In ‘Ballando’”, notava già Aldo Grasso, “tutto ha un sapore antico: i ritmi dilatati, i balli di coppia, gli arrangiamenti della band, gli stacchetti di Paolo Belli, gli appelli al televoto, la conduzione di Milly Carlucci, rimasta uguale ai tempi di ‘Scommettiamo che’”. Come per altri reality-trash, “Gf” e “Isola dei famosi” in testa, le polemiche non sono un effetto collaterale, ma appunto, si diceva, il cuore stesso del programma. L’essenza della sua scrittura. “Non esiti accidentali della competizione” (sempre Grasso) “ma un ingrediente fondamentale dello show”. Più che ispirarsi ai grandi format globali, siamo nel magistero del “Processo” di Biscardi, vero programma fondativo della reality tv all’italiana, dove il calcio serviva solo per litigare, urlarsi addosso, sganciare “le bombe di Mosca” (memorabile una sentenza dei giudici che archiviava così una delle tante querele ricevute da Biscardi alla fine degli anni Novanta: “Trattasi di un programma il cui oggetto principale è proprio quello di suscitare con linguaggio diretto ed espressioni volutamente forti, discussioni, spesso pretestuose, finalizzate all’incremento dell’audience attraverso l’uso di toni e contenuti platealmente esagerati su notizie non attendibili”, riletta oggi suona come una descrizione di reality e talent che stavano per invadere la tv all’alba del 2000).

 

Con un certo candore, Luisella Costamagna dice di aver partecipato a “Ballando con le stelle” per ballare. Che è come dire che si va a “Masterchef” per cucinare o all’“Isola dei famosi” per imparare ad aprire una noce di cocco. “L’ultima cosa che mi interessava era la polemica. Ora scopro che per qualcuno non è un gioco, ma una guerra, il ballo non conta e l’essenziale è proprio la polemica”. Dopo quasi trent’anni di televisione, un apprendistato con Michele Santoro, varie conduzioni di programmi, grazie a “Ballando con le stelle” Costamagna scopre l’algoritmo della tv, la regola di condotta di talk, reality, talent. Hoara Borselli raccontava invece di avere ancora oggi su Instagram un seguito di feticisti che le chiedono foto dei piedi o si dicono “pronti a comprare scarpe usate da lei”, pagandole profumatamente, oppure si candidano come “money slave”. Anche questo è un lascito di “Ballando”. La chiave polemica s’intreccia sin da subito con quella erotica, altra cifra decisiva del programma. Agli inizi era più contenuta, in linea con la direzione di Rai 1 affidata a Fabrizio Del Noce che tra l’altro detestava i reality. Nel 2005, l’anno della prima edizione, è ancora nell’aria lo sdilinquimento generale per “Shall we dance?”, con Richard Gere, professionista di successo però immalinconito, che riprende in mano la propria vita grazie a un corso di ballo e a Jennifer Lopez. Il primo “Ballando” era un po’ così. Persone lontane dalla danza, poco portate, magari col “sogno di saper ballare bene”, come il Nanni Moretti di “Cario diario” folgorato da “Flashdance”, ma impedite. Poi, come in tutti i format che mettono in scena una crescita e una trasformazione dei personaggi, a furia di prove ed esercizi trovavano finalmente un’inaspettata scioltezza. Ben presto però ci si rese conto che del ballo, naturalmente, funzionava soprattutto l’elemento “piccante”.

 

La mossa lasciva, lo sguardo allupato, la palpata, tutta un’economia libidinale che pian piano spinge Rai 1 ai confini del softporn patinato anni Ottanta, erotizzando anche i segni agonistici: sudore, fiatone, fatica, ansimare del concorrente al momento del verdetto della giuria. Nel lessico dei giudici le performance diventano “super sensuali”, “hot”, “provocanti”, “trasgressive”, con “una carica erotica pazzesca”. La svolta si deve anche al caso Rosolino. Nella terza edizione di “Ballando” il nuotatore è in gara con Natalia Titova, ballerina russa, sua maestra. Scoppia l’amore. Nascono due bambine, Sofia Nicole e Vittoria Sidney, omaggio alle Olimpiadi. Gli autori di “Ballando” intuiscono le nuove potenzialità del programma. Il format trova la sua identità e vocazione come lato torbido della danza di Rai 1: di qua le serate-evento di Roberto Bolle, quindi la danza come arte, cultura, bellezza, la muscolatura da scultura greca, l’estasi del movimento. Di là, Alessandra Mussolini ingrifata e sudaticcia che plana sopra il suo partner cubano nella splendida cornice di una fazenda. E’ nella linea erotica di “Ballando” che si dischiude davanti allo spettatore del sabato sera, sbragato sul divano, intontito e mezzo addormentato, una sublime “estasi del pecoreccio”, come avrebbe detto Labranca. Nel promo dell’edizione 2018, Milly Carlucci, con mantello e cappuccio, si fa strada nel corpo di ballo attraversando un grande salone retrò, come in una versione “Ballando” della scena dell’orgia in “Eyes Wide Shut”. Insieme al gusto per la polemica e alla litigiosità, anche il tasso di erotismo si impenna  negli anni, squadernando nel tempo una carovana di modelle russe, siberiane, ucraine, un ripescaggio di belloni anni Novanta, Raz Degan, Ronn Moss, Lorenzo Crespi, Lorenzo Flaherty, l’ultimo Garko, e naturalmente un pantheon di momenti indimenticabili:  le trasparenze di Paola Perego, le sforbiciate di Alba Parietti, Nunzia De Girolamo in completo da biker tipo “Village People”, Giuliana De Sio in versione fetish, la bachata in tanga di Wanda Nara, la rumba che scopre una tetta di Martina Stella, come Janet Jackson al Superbowl, fino a Sabrina Salerno che a cinquant’anni ammette, “non ho mai sculettato tanto come a ‘Ballando con le stelle’”.

 

E’ a “Ballando” che Arisa scopre una sua vocazione erotica, con tanto di voci su una possibile nuova carriera nel porno, dopo essersi immortalata in piume di struzzo dentro una vasca da bagno con Vito Coppola, sulle note di “Vogue”. “Dopo l’esperienza a ‘Ballando con le stelle’”, leggiamo su Chi, “inizia una vita completamente nuova per Barbara De Rossi, un’esperienza che pare averla rinvigorita non solo nel fisico ma anche nello spirito, concedendosi finalmente un servizio fotografico davvero sexy”. Elisa Isoardi smette di essere una first lady sovranista che stira le camicie di Salvini e a “Ballando” diventa gnocca solare, conturbante, ammaliante, “bona”, secondo la precisa definizione del giudice Lucarelli. Ma il camp, il kitsch, il pecoreccio delle mille allusioni sessuali di “Ballando” viene ora turbato dal “cazzo mollo” della barzelletta “veneta” di Iva Zanicchi. Chiamata in causa per i tanti strascichi dell’ultima edizione appena conclusa, Milly Carlucci ha detto di trovare “miracoloso che una gara di ballo dopo 17 anni crei ancora così tanto interesse e divida l’Italia in un tifo tra guelfi e ghibellini. Riscaldarci nelle polemiche è tipico della nostra passionalità latina”. Kareem Daniel, presidente di Disney Media, si è detto invece entusiasta di portare “Dancing with the stars” su Disney, continuando così a “espandere la sua portata demografica”. Da noi si potrebbe puntare soprattutto sui giornalisti: dalla vittoria di Hoara Borselli al magistero di Selvaggia Lucarelli, “Ballando” “è un po’ la nostra Harvard, la versione 2.0 del Mondo di Pannunzio come fucina dei talenti per gli anni a venire” (come ha scritto Masneri). La vittoria contestata di Luisella Costamagna chiude il cerchio. La nostra risposta al passaggio di “Dancing with the stars” su Disney potrebbe essere uno spin-off su Loft-Tv, “Ballando con il Fatto”: Travaglio, Davigo e Selvaggia Lucarelli giudici, Scanzi presentatore, Giuseppe Conte maestro di fox-trot o tribuno della giuria popolare. Barzellette, a sfondo equosolidale, a cura di Dibba.

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