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Il grand tour del vaccino

Michele Masneri

Il paese ufficialmente no vax sta facendo carte false per una dose. Belgrado, Montecarlo, Dubai. Un viaggio tra le località più ambite dai nuovi globetrotter alla ricerca dello status symbol anti Covid. E ci sono pure i mitomani

Certo, Draghi sotto il tendone alla stazione Termini, con la moglie Serenella, in fila per la loro dose di Astrazeneca. Certo, il presidente Mattarella anche lui ordinatamente in attesa del suo turno all’ospedale San Gallicano. I vertici delle istituzioni repubblicane tengono un contegno vaccinale dei più sobri. 

 

Ma la pancia, la pancia del Paese, soprattutto quella abbiente, reagisce in altro modo. E’ tutto un sobbollimento, un sommovimento, un domandarsi: e tu, dove l’hai fatto? E quello, non sai che l’ha fatto già? E quella, non crederai davvero che si è fatta l’Astrazeneca come tutti?

 

Il paese, ufficialmente no vax, è invece irrimediabilmente pro-vax, nel senso che sta facendo proprio carte false per ottenere una dose, preferibilmente di soppiatto.  E se le grandi case farmaceutiche sospendono i loro prodotti per il rischio di effetti collaterali, chi può lo fa lo stesso, si organizza, espatria, va oltreconfine. No vax col vaccino degli altri. Poi magari te lo raccontano pure, perché il vaccino esotico è l’ultimo degli status symbol.

 

Saltano fuori, anche, gli eterni caratteri della commedia dell’arte e della commedia all’italiana. Con peculiari dettagli regionali. A Milano c’è la leggenda metropolitana che la Moratti abbia fatto fare da testimonial a tutti gli amici suoi vaccinandoli (per dare l’esempio, ovviamente). Si fanno le pulci anche ad Antonella Camerana, la ormai celebre contessa autrice del Lamento di Portofino, il Portofino’s Complaint, contrita per la solitudine ligure del borgo marinaro ove alloggiava regolarmente vaccinata, e però qualcuno ha avanzato dubbi proprio su questa regolarità,  ma la contessa indignata rispondeva d’essere ottantenne, dunque nel suo pieno diritto. E però c’è chi ha intignato e controllato, perché è tutto un momento anche di rabbia e frustrazione, e dunque la contessa non avrebbe ottant’anni ancora, essendo nata nel fausto giorno 15 maggio 1941; insomma,  è tutto uno spiarsi, come un tempo chi si faceva la plastica, hai visto quello, è stato fuori un mese, cosa è andato a fare? E un controllarsi a vicenda, calcolarsi le età, spiare documenti (la fonte più affidabile è il sito dell’Ordine dei giornalisti, ha tutte le date di nascita precise, è fondamentale, in questo paese in cui sono più gli iscritti all’Ordine dei caregiver).

 

A Roma, dove tutto è pubblico e tutto è istituzione, ecco la bellissima giornalista televisiva che durante un pranzo in campagna a Pasquetta  butta lì: “io ho già fatto lo Pfizer, grazie a un programma segreto della...”, e nomina un siderale organo costituzionale, e di fronte all’uditorio attonito poi raccomanda: ma che non si sappia in giro, cioè lanciando quella raccomandazione che arriva sempre, a Roma, dopo che ti raccontano la qualunque. L’altra faccia del Paese, quella della disorganizzazione feroce, quella della strage di stato di poveri vecchi in attesa che si vaccini il notabilato, è quella dei mitomani. Perché la piega più surreale che ha preso questa faccenda è che te lo vengono a raccontare, orgogliosi. Ma non dirlo a nessuno. Così ecco la figlia del celebre imprenditore che è volata a Abu Dhabi, “da Ciampino”, ti dicono, un modo elegante per intendere: con l’aereo privato. E lì, vaccino, e staycation nella casa di famiglia. 


C’è anche il dubbio che in molti non ci siano veramente andati, in queste località esotiche, magari rimangono a Torpignattara in attesa del loro misero Astrazeneca. O a Nolo sognando lo Sputnik. Ma il vaccino estero vale ormai più delle cartoline dalle Maldive degli anni Ottanta. E certo, c’è il saltafila local, che continua imperterrito: a Oristano, scrive Repubblica, i carabinieri del Nas hanno scoperto dosi Pfizer messe da parte per giovanissimi di 18 anni mentre dirigenti pubblici potevano saltare il famigerato Astrazeneca optando per più prestigiosi brand. E poi: quindici medici sotto inchiesta per favoritismo vaccinale; finti volontari, anche in Puglia e Calabria, e caregiver, caregiver in massa: anche venti per un solo disabile a Biella. Insomma, col vaccino viene fuori un’Italia di inguaribili carogne.

 

Ma è sull’estero che l’italiano è come sempre organizzatissimo nell’inventiva privata. E' il tema più dibattuto; causa dilemmi etici e logistici. Il posto più richiesto al momento è Belgrado. Mi chiama un caro amico: avrei pensato, andiamo. Ci divertiamo. Ai miei dubbi ribatte: ma guarda che se vai lì non solo non lo rubi a nessuno, ma anzi lasci libero un posto per qualcun altro in Italia. A parte che a noi ci vaccineranno tra un anno se va bene. Per invogliarmi, insiste: volo andata e ritorno 150 euro, senza scalo. E però stai lì, se devi fare due shot che fai due settimane a Belgrado? Mah. Si informa meglio, tutto con Google translate, perché le informazioni sono tutte in cirillico, e al mio scetticismo risponde: ma fatti mandare dal giornale, ci fai un pezzo! E allora ci penso sul serio, sogno di vedere gli italiani in fila sul volo come quelli che andavano in Turchia a farsi il trapianto di capelli, e tornavano su questi torpedoni dell’aria pieni di compatrioti con la retina in testa, come lo zio fascista di Amarcord.  

 

E se a lamentarsi di Portofino era una contessa, a lanciare il turismo vaccinale oltrecortina non poteva essere che un conte: a sdoganare la nuova moda del “viaggio vaccinale” un tale Simone Avogadro di Vigliano che si è recato in Serbia per farsi inoculare. Da lì, un vero e proprio boom di richieste.  E il sito dell’ambasciata a Belgrado: “a seguito delle numerose richieste giunte negli ultimi giorni, si precisa che l’Ambasciata d’Italia non è coinvolta in alcun modo nella campagna di vaccinazione in Serbia  e declina ogni responsabilità per qualsiasi conseguenza derivante dall’effettuazione del vaccino in Serbia”. Cioè non è che torni, ti prendi il febbrone e poi protesti con la Farnesina, che ha già il suo daffare. 

 

Però che pezzo memorabile sarebbe. Intanto Belgrado è sotto assedio. Personale militare controlla le primule serbe, mentre arrivano frotte di inoculandi dai paesi confinanti. Macedonia, Montenegro, Bulgaria e Albania soprattutto. “Sembra di essere di nuovo in guerra”, riferisce Al Jazeera. Così, ecco la notizia che tutti temevano: il vaccino a Belgrado è bloccato. Troppe richieste.  Crolla il sogno del grand tour vaccinale. 

 

Il Corriere ha intervistato il titolare di una grande agenzia viaggi di Bologna, la Salvadori, che organizza questo tipo di viaggio. Umberto Sassatelli Salvadori dice che non è vero che il sistema è stato bloccato, solo “la Serbia vuole solo disincentivare l’arrivo in massa (e senza preavviso) dei cittadini che abitano nei Paesi confinanti che nelle ultime settimane hanno fatto veri e propri esodi vaccinali. Di fatto adesso può andare solo chi ne ha fatto formale richiesta sull’apposito modulo in cirillico. Si fa la richiesta e si attende un sms. “Ho provato a fare la richiesta per Pfizer, per quello non c’era immediata disponibilità, ma mi hanno offerto subito un appuntamento per Sputnik, Astrazeneca, o per il siero cinese”.  

 

Provo allora a telefonare anch'io all’agenzia, vorrei anche chiedere al Sassatelli Salvadori (sarà conte anche lui? non c’è un cognome singolo in tutta questa vicenda, e forse il lato araldico è parte del fascino del viaggio vaccinale) qual è la visita culturale compresa nel pacchetto da cinquecento euro; la loro agenzia offre infatti questo pacchetto che comprende “assistenza nella compilazione del modulo in cirillico, prenotazione del volo o il noleggio dell’auto, la prenotazione del tampone pre-viaggio, un accompagnatore in loco, l’albergo a 4 stelle in camera doppia”. E pure una visita culturale. In tutto 4 giorni (il vaccino si fa nel secondo giorno: i nostri clienti vengono accompagnati passo passo dai nostri collaboratori serbi che saranno fondamentali soprattutto per la lingua al momento della vaccinazione”). 

 

Purtroppo nessuno risponde: al centralino dell’agenzia scatta invece subito una segreteria telefonica che intima: non chiamate per chiedere informazioni sui vaccini! Siamo subissati dalle richieste dei viaggi in Serbia! Guardate sul sito per gli aggiornamenti in tempo reale. L’agenzia di viaggi come l’unità di crisi della Farnesina. Vado a vedere sul sito, l’agenzia Salvadori ha festeggiato i 92 anni di vita, ha un sito avveniristico che ne celebra i traguardi, dai primi viaggi aerei al turismo organizzato, ma adesso siamo entrati chiaramente nell’era del turismo vaccinale. 

 

La Serbia, mi dice un esperto di questioni internazionali, aveva puntato sul vaccino anche come arma diplomatica per farsi un’immagine “cool”: dunque siamo al “vaccine washing”; come del resto la Russia col suo Sputnik, il Mark Caltagirone dei vaccini, di cui tutti parlano benissimo, ma nessuno l’ha mai fatto e nessuna agenzia ‘ha mai autorizzato. Il fatto è che siamo tutti talmente irrazionali quando si parla di vaccino. Ci sono i giovani pimpanti che ti dicono: “Sai, quel corso allo Ied”. C’è l’amico vaccinato perché “sai, faccio quel modulo alla (e nomina una celebre accademia creativa, presso la quale, in assenza, tiene una masterclass di design di giardini una volta ogni due mesi).  

 

Dovrebbero sentirsi in colpa? Colpa loro che hanno accettato, o del sistema che glielo permette? Tanti sono anche indignati: ma come, Draghi accusa noi, ma noi siamo stati invitati dalle istituzioni a vaccinarci. Già, tanti ci sono rimasti male per quelle frasi pronunciate dal premier: “Con che coscienza un giovane salta la lista e si fa vaccinare?”, disse dieci giorni fa. Soprattutto gli psicologi son rimasti male, perché Draghi accusava “psicologi di trentacinque anni”, come emblema dei saltafila  (siamo “Offesi e umiliati”, ha risposto il presidente dell’Ordine). Ma intanto, la pancia del paese riflette, non ha pace.Ci sono quelli che vorrebbero il cubano. Quelli che hanno fatto la prima dose Astrazeneca e poi si pentono. 

 

Anche tra i turisti vaccinali, non è mica facile. La scelta è complicata. Per esempio: ma tutti questi che vanno a Dubai, che senso ha? Dubai è soprattutto il luogo d’elezione dei milanesi, ti fai il vaccino e poi vai in spiaggia. O fanno dei party, basta vedere Instagram. Ma che avranno da stare allegri, quando negli Emirati è noto che si vaccinano tutti col cinese, che è una ciofeca. Anche gli stessi cinesi, hanno detto che adesso proveranno un po’ a mischiarli, i loro diversi vaccini, perché quello attuale non funziona molto. Anche la famiglia reale del Qatar, tutta, si è vaccinata col cinese. Non si sa se liscio o shakerato.  Rumors: a Montecarlo, chi è il celebre stilista che ha organizzato una specie di Primula privatissima per il suo entourage, e lì ha convocato tutti da ogni parte d’Europa – ma poi, nel volo  per Nizza,  ecco che arriva il messaggio della regione italiana di provenienza, e i vaccinandi vanno in crisi, e che faccio, il primo shot a Montecarlo e l’altro a Milano? Mi farà male? Passerò per no-vax? A Sankt Moritz, riferiscono di italiani tornati indietro con la coda tra le gambe. Gli svizzeri, previdenti, avevano garantito la vaccinazione a tutti gli affittuari di case, anche non residenti. Solo che salta fuori che eran tutti italiani, che si son presentati con parenti e amici, dunque tutto bloccato. 

 

Il sogno proibito sarebbe l’America. Chi può va in Florida: soprattutto dall’area del Sudamerica, da Argentina e Venezuela e Brasile, ma anche dal Canada, perché il “Sunshine State” è stato il primo a dare i vaccini senza chiedere la residenza. Gli italiani agognano New York, per farsi un bel Johnson and Johnson come una volta ti facevi mutande e camicie Brooks Brothers a Park Avenue. Ma è vietatissimo, le frontiere sono chiuse, per entrare bisogna dimostrare d’essere “di interesse nazionale”, e chi può mai esserlo? Ma gli americani che possono, invece, si buttano su piccole cittadine anche molto lontane, dove è disponibile: da sperdute località in Georgia a gelidi paesi al confine col Canada, dove magari si arriva col volo privato: e però, le comunità locali son tutte contente perché gli inoculandi non badano a spese: bar, ristoranti, negozi, fanno affari d’oro.  Un piccolo recovery. Alle Maldive, infine, il ministro del Turismo Abdulla Mausoom ha appena annunciato la strategia delle tre V: “visit, vaccinate, vacation”. 

 

Insomma il turismo vaccinale è anche un volano per l’economia. E magari un modo di viaggiare per chi normalmente non lo faceva. Proprio come avveniva per i trapianti di capelli, è anche un modo di vedere il mondo per chi non aveva mai preso l’aereo: ti organizzavano tutto, volo, pernottamento, ricovero in clinica con personale parlante italiano, drink serali, e via tornare nella provincia, la chioma è folta o lo diverrà presto. Un mondo che pare un po’ finito, e sostituito dai viaggi vaccinali.

 

Già il Covid aveva impattato sul turismo pilifero. I dati mostrano che in Turchia, patria d'elezione per questo tipo di viaggiatori, già solo nel primo trimestre del 2020 il turismo medico era crollato dell’11,4 per cento; un settore che vale 1 miliardo di dollari l’anno. Ma adesso tutti tremano pensando alle ripercussioni di Draghi sui loro capelli. Dopo che il premier ha definito Erdogan così esplicitamente, che ne sarà delle cliniche pilifere un tempo così ospitali coi nostri connazionali? Ci saranno sanzioni? Intanto,  si assiste all’autarchia pilifera. I dati dicono che i trapianti sono cresciuti tantissimo a livello domestico: secondo Men’s Health, in Gran Bretagna sono cresciuti del 40 per cento perché sostanzialmente non si va più all’estero a farli ma si rimane nelle proprie città. Si spenderà qualcosa di più, ma il Covid ha azzerato l’aspetto più deleterio, quello di girare poi con le zollette della ricrescita in testa nei giorni successivi all’operazione. “Il lockdown ha tanti aspetti negativi, ma permette la massima discrezione dopo l'intervento, e poi di mostrare i risultati al loro meglio dopo qualche giorno”, dice un trapiantato alla rivista inglese. Per il viaggio all’estero, con vaccino o senza, se ne riparlerà la prossima volta.

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).