Sabina Guzzanti (foto LaPresse)

Un altro improbabile complotto per Sabina Guzzanti

Luciano Capone
La comica sta girando l’Italia per promuovere il suo film sulla trattativa Stato-mafia e in ogni in città in cui fa tappa scopre cose indicibili, svela trame, complotti e cupole. Ma ultimamente non ne azzecca una - di Luciano Capone

Sabina Guzzanti sta girando l’Italia per promuovere il suo film sulla trattativa Stato-mafia e in ogni in città in cui fa tappa scopre cose indicibili, svela trame, complotti e cupole. Ma ultimamente non ne azzecca una. Dopo essere stata a Maruggio, in provincia di Taranto, ha accusato su Facebook il sindaco di Forza Italia di essere un mezzo mafioso: “Suo padre era sindaco nella Dc e dette in concessione il porto a un tizio improbabile”, ma l’imprenditore “il porto da più di 20 anni non lo ha mai pulito. Oggi le barche dei pescatori per uscire si fanno traghettare dalla guardia costiera, perché restano bloccate dalla melma e i turisti scappano per la puzza intollerabile”. Questo secondo la Guzzanti è un chiare esempio di “come la politica abbia adottato sistemi mafiosi e come se ne strafotta di qualsiasi tipo di protesta, evidenza, denuncia”.

 

L’accusa di mafiosità scagliata dalla Guzzanti si basa su ciò che le hanno riferito due attivisti del Movimento 5 Stelle registrati in un video pubblicato a corredo del post. Il giovane sindaco azzurro, Alfredo Longo, non ha apprezzato l’accostamento alla mafia e ha annunciato una querela nei confronti della comica per la sua “becera diffamazione aggravata.  Dovrà assumersi la responsabilità delle sue dichiarazioni con il sottoscritto e con tutta la comunità maruggese nelle sedi competenti”. E poi: “Provasse a informarsi o magari si limitasse a fare l’attrice perché quando si traveste da giornalista d’inchiesta dichiara falsità tanto da doverle cancellare anche dal suo profilo Facebook”. La Guzzanti ha infatti eliminato il post dalla propria bacheca, ma ormai quelle parole e quel video avevano raggiunto decine di migliaia di persone. Oltre al sindaco, comprensibilmente risentito per essere stato additato come mafioso, anche la grillina protagonista del video ha preso le distanze dalla Guzzanti, accusandola di aver utilizzato nel suo processo sommario una registrazione/intercettazione abusiva (ricorda qualcosa?): “Vengo a conoscenza dell’inaspettata pubblicazione di un video non autorizzato – ha scritto la grillina su Facebook – Vorrei dissociarmi innanzitutto dal post introduttivo scritto direttamente da Sabina Guzzanti che non rappresenta il mio pensiero e ciò che volevo esprimere in quella che era nata come chiacchierata informale”.

 

Il Salento è una fonte inesauribile per la Guzzanti, che qualche mese fa, dopo un’altra proiezione e dopo aver incontrato un altro attivista grillino, aveva svelato al mondo il complotto internazionale che c’è dietro "l’emergenza Xylella” che sta seccando gli ulivi salentini. Anche grazie alla consulenza scientifica di un luminare del calibro di Nandu Popu, il cantante dei Sud Sound System, l’attrice spiega che il batterio non è arrivato in Puglia per caso, ma è stato prodotto nei laboratori brasiliani della terribile Monsanto, la multinazionale degli Ogm, che punta così a contagiare tutti gli ulivi pugliesi per eradicarli e sostituirli con i propri ulivi geneticamente modificati. Pure in questo caso Sabina ha avuto difficoltà a mostrare le prove del complottone, anche perché ci sono un paio di insormontabili ostacoli: la Xylella è un batterio che è sempre esistito, al contrario degli ulivi ogm che invece non esistono da nessuna parte.

 

[**Video_box_2**]Il problema della Guzzanti è che quando vede un complotto o un teorema affascinante, ci si butta a capofitto. La credibilità delle fonti su cui basa le accuse non conta, lei annuncia, le prove arriveranno. Questo atteggiamento l’ha portata nel tempo ad esprimere solidarietà ai superboss “Riina e Bagarella privati di un loro diritto”, quello di assistere alla deposizione dell’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, oppure a fare la promoter dei dipinti di un altro boss mafioso pluriomicida come Gaspare Mutolo: “Solo gli intenditori hanno in casa un Mutolo”, intendendo un quadro del boss pentito e non un mafioso in carne e ossa in salotto. È per cercare conferme alle proprie tesi precostituite o ai propri desideri che si finisce col ritenere affidabili pataccari come Massimo Ciancimino, grillini e cantanti complottisti o broker che promettono rendimenti a doppia cifra. Poi però la realtà riserva brutte sorprese.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali