Maria De Filippi a Sanremo con Keanu Reeves. Tutti gli ospiti internazionali del Festival li abbiamo già visti perché sono passati nei suoi programmi (foto LaPresse)

Assunzione di Maria in cielo

Andrea Minuz

Ecco per quali meriti e quali interessi è arrivata nel paradiso di Sanremo. Tornerà all’Ariston forse con Totti

Non era nei miei progetti debuttare in video, ma quando me l’hanno proposto confesso di non essermi fatta pregare”. Così parlò Maria De Filippi all’alba di “Amici”, verso la fine di settembre del 1992. L’anno delle stragi di mafia, dell’arresto di Mario Chiesa, del primo governo Amato, dell’attacco alla lira con le banche italiane a un passo dal baratro. L’anno che ha cambiato l’Italia. L’anno di Maria. Nel frattempo, “Amici” diventava “Amici di Maria De Filippi”, come il “Maurizio Costanzo Show”, la “Andy Warhol’s Tv” o i film di Fellini dopo “La dolcevita”, col nome accanto al titolo già trasformato in un brand. Nel 2002, in un’intervista su Repubblica, le chiedono per la prima volta del Festival. “Ma se un giorno le offrissero di condurre Sanremo?”. “Mai. Al massimo, il Dopofestival perché è un talk; chissà, magari come dice Maurizio, io che non ho mai avuto un programma a doppia conduzione potrei provarci con Morandi”. Il futuro era scritto, Maria sbagliava solo il nome del conduttore.

 

Come insegna ogni manuale di sceneggiatura, l’eroe rifiuta il richiamo all’avventura, la suspense si alza, la scelta poi diventa inevitabile. Pippo Baudo la prese in parola: “Maria De Filippi al Dopofestival è un’idea intrigante, in fondo Sanremo è come il Vaticano, una zona extraterritoriale”. Ma Pippo era un visionario. La guerra fredda tra Mediaset e Rai era nella sua piena fase di corsa agli armamenti. I toni non furono distesi, anzi. “Non mi pare una grande idea”, commentava Piersilvio Berlusconi, “denota mancanza di creatività ed espone il Festival alle critiche di chi sostiene che la tv è tutta uguale”. Il presidente della Rai, Antonio Baldassare, rincarava la dose, “mi pare impensabile affidare al personaggio simbolo della rete concorrente, uno dei programmi simbolo della Rai. Sarebbe come se la Juve chiedesse in prestito Totti alla Roma”. Quindici anni dopo, Totti va in prestito da Maria De Filippi a Sanremo.

 

Il clima è cambiato, ma le metafore sportive sono dure a morire. A gennaio, il direttore di Rai Uno, Andrea Fabiano, non sta più nella pelle: “Con due fuoriclasse come Carlo e Maria è come prendere Federer e Serena Williams”. Solo che qui Federer è Maria De Filippi. Altro che ospite che arriva a festa iniziata, come hanno tenuto a spiegarci sui giornali. “Sono venuta a Sanremo che tutto era pronto, tutto era già fatto da Carlo Conti e dalla Rai. Per me è un piacere fare l’ospite. Ecco perché l’ho fatto gratis”. Ecco perché sui titoli di testa ha preteso che fosse scritto, “conduce Carlo Conti con Maria De Filippi”. Ma la sostanza non cambia. E’ il Festival di Maria De Filippi.

 

Lontanissimi ormai i tempi delle accuse di “pessima televisione” (Avvenire), di “commercio televisivo delle emozioni” (Michele Serra) dell’indignazione per Fassino che incontra la tata Elsa a “C’è posta per te”, anzi “la signora che stava in casa con noi”, come tenne a specificare lui. Lontanissimi i tempi in cui andare su Mediaset era peggio che entrare nel lato oscuro della forza. “Se Marina Berlusconi ottenesse un incarico pubblico seguirebbe le sporche impronte del padre”, come recitava la bolla di Saviano, prima che andasse a evangelizzare i figli di Maria ad “Amici”. A dire che Maria De Filippi è il simbolo del degrado morale e “l’emblema di un paese che ha perduto ogni stimolo intellettuale” è rimasta solo Sabina Guzzanti e forse non ci crede più neanche lei. Per tutti, ormai è solo un’implacabile macchina del consenso televisivo, un genio, una temibile donna di potere che muove destini televisivi. La settimana del Festival con Carlo Conti è stata un tripudio di metafore del partito della nazione, di patti per l’Italia, di nuove alleanze proporzionali e “Große Koalition” all’italiana, con Crozza-Mattarella che incarica la coppia di formare il nuovo governo. Ma la verità è che è stato il Sanremo di Maria. Poche storie.

 

Il senso di questa lunga settimana mariana non si comprende appieno se non si parte da qualche giorno prima del Festival. Da quei “frammenti di un discorso amoroso” distillati nella penombra dell’intervista con Maurizio Costanzo, con i coniugi circondati dalle gigantografie dell’album di famiglia, in una puntata architettata come un lungo backstage per accompagnare l’ascensione di Maria all’Ariston. Maria De Filippi indossava il tubino nero d’ordinanza, ma non era la solita Maria, fredda, impassibile, ai confini del sadico. Sin da subito, l’intervista prende una piega da scorticamento emotivo per estrarre grumi di umanità dalla regina di Mediaset, “nostra Signora dell’audience”, come la chiama Confalonieri. “Papà era grasso come te, lui era quello che dava i baci, mamma no”; “riusciresti a smettere di lavorare?”. “Morirei aspettando in poltrona”; i ricordi scorrono in video, la voce di Vasco che canta “Una canzone per te” in sottofondo, i genitori, i figli, il matrimonio, l’attentato mafioso, mentre l’hashtag #intervista vola su Twitter. Infine, Sanremo. “Sono molto felice che tu lo faccia, penso che sia giusto, ti accorgerai quanta fatica si fa a Sanremo”. E lei: “Non so se è giusto, a me fa paura andare a Sanremo e tu mi stai mettendo ansia”. Ventitré per cento di share, pronto e già impacchettato per il Festival. “Solo Maurizio Costanzo poteva riuscire nell’impresa di mostrare una Maria De Filippi umana”, ha scritto Domenico Naso sul Fatto, ma così è stato “persino troppo”. Con un effetto “straniante e destabilizzante per chi l’ha sempre vista e considerata come una donna di potere che muove una macchina televisiva di dimensioni mai viste prima in Italia”.

 

Maurizio Costanzo portò il talk in Italia, la sua quarta moglie l’ha trasformato in una fabbrica permanente, dilatandone a dismisura le possibilità, innestando le forme del talent, del dating, dei reality. Costanzo intuì subito il potenziale enorme della gente comune da dare in pasto alla tv o da trasformare in star, ma è Maria De Filippi ad averlo eretto a sistema industriale. Tra le lacrime e i ricordi dell’intervista amorosa c’era anche il più classico schema del passaggio del testimone, dell’allievo che supera il maestro. Tanti anni fa, chiedendole del successo incredibile di “C’è posta per te”, Maria De Filippi lo attribuiva alla sua “struttura”. “C’è posta per te ha un’ossatura salda. La gente qualunque viene in televisione a raccontare di sé. Scelgo storie forti, ma mai trucide. In redazione arrivano fino a 500 richieste di aiuto al giorno ma la selezione è rigidissima. Anche il varietà deve avere un’idea, gli ospiti, anche se straordinari, non bastano”.

 

Il varietà però non c’è più. L’ultimo che avevamo l’abbiamo dato a lei che lo ha trasformato in materia narrativa, intervistando gli alpini di Rigopiano, il coro dell’Antoniano, l’“Orquesta Reciclados” dei bambini poveri del Paraguay. Prostrati adoriamo Maria. La Rai per prima. Nell’ostentare il portachiavi a forma di Carlo Conti in conferenza stampa, poi distribuito al pubblico in apertura della seconda serata, Maria De Filippi ci regala l’immagine perfetta di una lenta, inesorabile appropriazione del Festival, trasformato da una decina d’anni nella ribalta dei ragazzi di “Amici”. La prima apparizione di Maria al Festival coincide infatti con la vittoria di un suo pupillo, Marco Carta, nell’edizione del 2009 condotta da Paolo Bonolis. Si parla di televoto dopato. Ma ormai la sovrapposizione tra talent e Festival è compiuta e anche la regia della Rai si è fatalmente “xfactorizzata”. Vediamo i cantanti poco prima e subito dopo il palco, le reazioni a caldo, le emozioni. Maria capitalizza trasformando Sanremo in uno spot per la prossima stagione di “Amici”. Mentre applaudivamo l’esibizione di Giorgia, uno dei pochi momenti musicali da ricordare del Festival, Maria De Filippi la opzionava come direttore artistico per la prossima stagione del talent, al posto di Emma Marrone.

 

Non si può neanche sorvolare sul simbolismo della controprogrammazione di Canale 5 nella settimana del Festival. Una settimana di film da Oscar, a partire da “Il discorso del re”, scelto per la serata inaugurale di Sanremo tanto per ricordare chi è che comanda. Maria De Filippi seduta sulle scale dell’Ariston, Maria De Filippi che distilla storie e trasforma la gara canora in “C’è posta per te”. Tutti gli ospiti internazionali li abbiamo già visti, perché sono passati nei suoi programmi. Keanu Reeves sembrava uno che ha vinto “Amici” nel ’96, persino Totti sta diventando una creatura della De Filippi. Col pupone c’è una sintonia formidabile, e dopo averlo visto al Festival sarà il caso di pensare al suo futuro televisivo, strappandolo a una rischiosa carriera da allenatore. “Parla con Totti”, “C’è Totti per te”, o un talk nella fascia di pranzo “Il cucchiaio”. Lo mandiamo prima su Sky per prendere confidenza e allenarsi e poi a presentare Sanremo 2021 con Maria De Filippi. Chissà.

 

Resta il fatto che un’azienda pubblica che infila il canone in bolletta e poi ricorre a Maria De Filippi fa uno strano effetto. Giusto pochi giorni prima del Sanremo defilippizzato, di fronte al formidabile show di Gigi Proietti uno quasi si convince che “un’altra Rai è possibile”. Viene voglia di una televisione di stato che rimette in moto la macchina del varietà classico, coi testi e le canzoni, che si riappropria della mitologia sanremese com’era prima dei talent. Ma tanto a spazzare via tutto ci penserà Netflix.

 

Nel frattempo, l’unico che ha avanzato dubbi sulla scelta di Viale Mazzini è stato Magalli: “Maria è brava nello scrivere, nell’ideare i programmi, anche un po’ a gestirli, ma lei si siede sulle scale e dice una parola ogni tanto, il programma che lei ha scritto è un programma che va avanti da sé e che funziona, ma Sanremo non è che bisogna che lo scriva la De Filippi. Sanremo quello è, uno entra canta se ne va ne arriva un altro”. Ma i programmi ormai sono un riassunto della tv e Sanremo non fa eccezione. Il Festival è finalmente diventato quella zona extraterritoriale vagheggiata da Pippo Baudo all’alba del Duemila. Solo che più che al Vaticano, assomiglia a una finale del “Super bowl” americano, costruita per rilanciare il meglio della stagione di “X-Factor” e “Amici”. La televisione italiana anticipa la politica e ha ormai ripensato sé stessa sui meccanismi del proporzionale. Sanremo celebra il patto Rai-Mediaset con Maria De Filippi e la vagonata di “Amici”, ma anche una sfilza di quote Sky, a cominciare da Diletta Leotta in accoppiata spacco più violenze sulle donne per innescare uno strascico di polemiche, e poi ancora Michele Bravi da “X-Factor”, Lodovica Comello da “Disney Channel” e “Italia’s got talent”, e ovviamente, a vegliare su tutti, l’ombra lunga di Beppe Caschetto.

 

Resta fuori solo Netflix. Non a caso, a metà Festival ha diffuso un video che ha sbancato i social con il grande escluso Beppe Vessicchio rilanciato dentro un pezzo di “Stranger Things”. Una lezione su come si intercettano nuovi target dentro i meccanismi del nazional-popolare. L’on-demand fa paura. L’on-demand spinge verso nuove alleanze. Sanremo festeggia buoni ascolti, ma la tv scende e Netflix sale. Per alcuni, è solo questione di tempo. La tv scompare. Maria invece è lì, impassibile. Il suo regno è quello della tv generalista, della “provincia che è dentro di noi”, come disse una volta intervistata da Edmondo Berselli. D’altronde anche la vergine Maria appare solo in campagna o nei piccoli borghi, mai in piazza Duomo o a Prati. Eppure, chissà. Forse il futuro è Maria De Filippi su Netflix. Come è scritto nella mistica dell’Avvento: “Vieni Maria, sarai incoronata”. 

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