Alex Chalmers, studente dell’Università di Oxford, si è dimesso dalla presidenza dell’Associazione studentesca laburista per protesta contro una università “piena di antisemiti”

Blasoni antisemiti

Giulio Meotti

Molte le università inglesi “proibite” agli ebrei. Vi si insegna che Israele è il male. E i regimi islamici le finanziano generosi

Prendiamo quello che è successo soltanto negli ultimi due mesi: l’organizzazione studentesca dell’Università di Manchester ha votato per boicottare Israele, la University of London ha invitato a parlare un oratore che ha definito Israele “nazista”, allo University College London c’è stata una manifestazione che ha impedito una riunione di studenti ebrei. Non è la Germania del 1933, ma l’Inghilterra del 2016. “Alcune delle principali università della Gran Bretagna stanno diventando ‘no-go zone’ per gli studenti ebrei”. E’ quanto emerge ora da un rapporto della baronessa Ruth Deech, ex rettrice del Sant’Anna College di Oxford e a lungo esaminatrice di maggior grado della vita universitaria inglese. I suoi commenti arrivano dopo una serie di incidenti di alto profilo presso le migliori università dove gli studenti ebrei affermano di aver subito abusi verbali odi essere stati fisicamente attaccati. “Molte università sono a caccia di grandi donazioni da parte dell’Arabia Saudita e degli stati del Golfo, e forse hanno paura di offenderli”, ha detto Deech. “Non so perché non stiano facendo nulla al riguardo, è davvero una brutta situazione. Tra gli studenti ebrei, cresce poco a poco la sensazione che alcune università si dovrebbero evitare”. Deech ha fatto pure i nomi delle università inglesi che uno studente ebreo dovrebbe evitare: “Sicuramente la Scuola di studi orientali, Manchester, Southampton, Exeter e così via”.

Lo Spectator si è chiesto se la School of Oriental and African Studies (Soas) della London University non debba essere ribattezzata “scuola dell’antisemitismo”. Si legge: “Praticamente tutte le società per studenti alla Soas non hanno altra scelta che conformarsi alla ortodossia islamo-marxista. Uno studente israeliano è stato espulso dalla società israeliana (che è fermamente ‘antisionista’) per aver avuto il coraggio di opporsi al boicottaggio. Non vi è nessuna tolleranza per chi contesta la demonizzazione di Israele e il visitatore occasionale potrebbe pensare che una sola religione è tollerata nel campus. C’è un sala ‘multi-fede’, ma la bacheca ha solo informazioni islamiche”. In questa facoltà, 2.056 fra docenti universitari, studenti, presidi di facoltà, perfino gli inservienti e gli addetti alla sicurezza hanno votato a favore del boicottaggio di Israele in un referendum non vincolante. Il 73 per cento ha deciso per il boicottaggio totale delle istituzioni accademiche di Israele. A favore dell’esclusione dello stato ebraico il sessanta per cento dei docenti ordinari e dei “lecturers”, i docenti associati. Non è un caso che sia la stessa università dove l’imam Yusuf al Qaradawi siede fra gli advisor del Journal of Islamic Studies. L’inchiesta della baronessa Deech è partita dopo che Alex Chalmers, studente di storia all’Università di Oxford e presidente dell’Associazione studentesca laburista che esiste dal 1919, la più influente, quella da cui ha lanciato la sua carriera anche Ed Miliband, si è dimesso con un gesto plateale di protesta contro quella che ha denunciato come una università piena di antisemiti.

Chalmers ha detto che “gran parte” dei membri della “sinistra” in facoltà ha “un qualche tipo di problema con gli ebrei” e sfoggia “tendenze intolleranti“. Secondo lo studente, a Oxford si “molestano gli studenti ebrei” e si “invitano oratori antisemiti”. Ha paragonato questi gruppi di professori e studenti al Ku Klux Klan. “Nonostante l’impegno dichiarato per la liberazione, gli atteggiamenti di alcuni membri del club verso le minoranze stanno diventando avvelenati”, ha detto Chalmers. “Spero che la mia decisione in qualche modo faccia conoscere l’antisemitismo che è passato inosservato da troppo tempo a Oxford”. Alla Southampton University, una delle più prestigiose università pubbliche, è stato organizzato persino un convegno internazionale in cui a essere in discussione non è la politica di Israele, ma il suo “diritto all’esistenza” (si replica a primavera). La conferenza non aveva mai fatto mistero dell’obiettivo, contestare la natura stessa di Israele, come si legge: “Si tratta della legittimità nella legge internazionale dello stato ebraico di Israele. Anziché concentrarsi sulle azioni di Israele nei Territori occupati, la conferenza esplorerà la legittimità, la responsabilità e l’eccezionalismo che sono posti dalla natura stessa di Israele”. Poco dopo la Queen Mary Students’ Union si è gemellata con l’Università di Gaza, una delle centrali politiche e logistiche di Hamas, nella guerra allo stato ebraico. Capita che Marsha Levine, accademica dell’Università di Cambridge esperta in storia del cavallo, respinga una semplice richiesta di informazioni da parte di una studentessa israeliana spiegando il suo rifiuto come parte del boicottaggio di Israele. “Risponderò alle tue domande quando ci sarà pace e giustizia per i palestinesi in Palestina”, ha detto Levine, che ha rincarato dicendo: “Gli ebrei si sono trasformati in mostri, sono diventati i nazisti“.

Succede che l’ex parlamentare George Galloway si sia rifiutato di dibattere in pubblico a Oxford con uno studente, Eylon Aslan Levy, quando aveva scoperto che aveva il passaporto israeliano. Dal campus di Oxford arrivano ogni giorno denunce di antisemitismo: gruppi di studenti che cantano “Razzi su Tel Aviv”, studenti che chiedono ai loro compagni di studi ebrei di denunciare pubblicamente il sionismo e lo stato di Israele, studenti che usano l’epiteto “Zio” (una parola che normalmente si trova sui siti neonazisti). Un clima culminato nell’elezione di Malia Bouattia a presidente dell’Unione nazionale degli studenti, prima donna e prima musulmana a ricoprire la carica, che aveva definito la sua università – quella di Birmingham – un “avamposto sionista” e che il boicottaggio contro Israele non è abbastanza, distoglie i palestinesi dalla vera resistenza contro Israele. La polizia inglese è dovuta intervenire al King’s College di Londra dopo che uno studente pro Israele è stato picchiato da manifestanti. Ospite d’onore Ami Ayalon, attivista per la pace ed ex capo dei servizi segreti israeliani. E’ finita con lanci di sedie, finestre fracassate e allarmi antincendio. L’incontro è stato sospeso e l’edificio evacuato. Nel denunciare la situazione nelle università inglesi, la baronessa Deech ha detto di dovere la sua carriera alla Oxford University. “Trovo personalmente molto difficile, sono stata a Oxford per 45 anni o qualcosa del genere, e gli devo la mia carriera, ma non posso credere che la mia università non crei una commissione di indagine su questo”.

A Oxford, ormai, non si contano i casi di antisemitismo palese da parte del corpo docente. Come quello del patologo di Oxford Andrei Wilkie, che ha rifiutato ogni richiesta di dottorato proveniente da Israele. Uno studente della facoltà di Medicina dell’Università di Tel Aviv, Amit Duvshani, gli aveva scritto proponendo una collaborazione. Wilkie ha risposto così al ricercatore israeliano: “Non prenderei mai una persona che ha servito nell’esercito israeliano. Sono certo che troverà un altro laboratorio”. Come il caso del poeta Tom Paulin, docente di Letteratura inglese all’Hertford College della Oxford University, che si è spinto fino a dire che gli “ebrei di Brooklyn” che si sono insediati in Cisgiordania dovrebbero essere “accoppati”. Un documento trapelato e soppresso dal Labour di Jeremy Corbyn aveva dettagliato i casi di comportamento antisemita presso l’Università di Oxford, dove gli studenti ebrei oggi si sentono intimiditi fino al punto di non partecipare alle riunioni. Il Labour si è rifiutato di spiegare perché il suo comitato esecutivo nazionale ha pubblicato solo le raccomandazioni elaborate dalla baronessa Royall di Blaisdon, omettendo la sua scoperta di incidenti antisemiti. Era troppo compromettente per i membri dell’associazione laburista a Oxford. Mentre i missili lanciati dai terroristi palestinesi di Hamas e del Jihad islamico cadevano sui tetti delle scuole israeliane di Sderot, il sindacato inglese delle università e dei college non solo non manifestava solidarietà agli studenti israeliani, ma sceglieva proprio quel momento per lanciare il suo appello per il boicottaggio degli istituti accademici israeliani.

A Manchester insegna Mona Baker, curatrice di una Encyclopedia of Translation Studies, che ha chiesto a due studiosi israeliani, Gideon Toury e Miriam Shlesinger, che facevano parte del comitato direttivo della rivista, di dare le dimissioni. In quanto israeliani. E’ in questo clima che gli studenti ebrei in Inghilterra scelgono oggi le università anche sulla base del loro tasso di antisemitismo e di odio per Israele. I dati ufficiali da parte dell’Unione degli studenti ebrei dimostrano che alcune università del Gruppo Russell come Durham, Exeter, Newcastle e Cardiff hanno a malapena cento studenti ebrei. Stesso scenario per Birmingham, Nottingham, Leeds e Manchester. Tutte queste facoltà hanno una ottima reputazione accademica, sono tutte dotate di ottime strutture sportive e hanno requisiti di accesso quasi identici. Le chiamano “Jewnis”, le università con alti tassi di iscrizioni ebraiche. E hanno qualcosa da offrire che Durham o Exeter non hanno. Aule senza odio per gli ebrei. L’idea di boicottare le università israeliane è nata in Inghilterra, il 6 aprile 2002, quando i coniugi Rose pubblicarono un appello per punire i colleghi israeliani, raccogliendo settecento firme. Da allora, il boicottaggio ha raccolto migliaia di adesioni fra i professori nel Regno Unito. Nel 2005 l’Association of university teachers, riunita per l’occasione a Eastbourne, ha votato a favore del boicottaggio degli atenei israeliani di Bar-Ilan e Haifa. Le proteste internazionali persuasero l’associazione a ritirare la mozione. Ma al pregiudizio serviva solo riprendere fiato. André Oboler dell’Unione studenti ebrei disse che non si poteva considerare il cambiamento di posizione una vittoria definitiva. Così la National association of teachers in further and higher education, la più grande organizzazione inglese di insegnanti composta da oltre 67 mila membri, ha approvato il boicottaggio d’Israele, accusandolo di “politiche da apartheid”.

Un anno fa il Guardian ha pubblicato una pagina intera firmata da trecento accademici britannici, docenti e ricercatori, che dicono di aver iniziato il boicottaggio di Israele e delle sue istituzioni accademiche. Fra gli accademici ci sono nomi di fama mondiale come Tom Kibble, fisico teorico dell’Imperial College di Londra; Timothy Shallice, già direttore dell’Institute of Cognitive Neuroscience all’University of College di Londra; Iain Borden, già preside della Bartlett School of Architecture. Nel 2011, Exeter si è rifiutata di punire un oratore che a una assemblea studentesca aveva detto che “Hitler aveva ragione”. E guarda caso, quelle più antisemite sono le università che hanno ricevuto più donazioni dai paesi islamici. In uno studio del 2009 sul finanziamento islamico delle università del Regno Unito, Robin Simcox, ricercatore del Centro per la coesione sociale, ha analizzato undici università, come Oxford, Cambridge, Soas di Londra, Edimburgo, Durham e Exeter. Negli ultimi dieci anni, l’Arabia Saudita è stata una delle più grandi fonti di donazioni alle università britanniche, per promuovere lo studio dell’islam, del medio oriente e della letteratura araba. Il saudita Abdulaziz al Saud ha dato due milioni di sterline alla Oxford University. Nel frattempo, lo sceicco Sultan bin Muhammad al Qasimi, il sovrano di Sharjah – uno dei più conservatori fra gli Emirati Arabi Uniti – ha dato più di otto milioni di sterline alla Exeter Univeristy. Durham ha avuto milioni di sterline per costruire un Institute of Middle Eastern and Islamic Studies; Exeter ha avuto 750 mila sterline da Dubai e altrettante dal principe saudita Alwaleed bin Talal. E’ la stessa università, guarda caso, dove Richard Seaford, classicista, ha detto alla Bbc che ha praticato per anni “un boicottaggio informale”, rifiutando ogni pubblicazione israeliana. Gli studenti ebrei devono evitare con cura l’università di “John Jihadi”, il boia dell’Isis, alias Mohammed Emwazi, che è stato un brillante studente della Westminster University.

Non tira una bella aria neppure alla London School of Economics, dove l’insigne storico israeliano Benny Morris è stato quasi linciato durante una conferenza. Doveva tenere una lezione sulla guerra del 1948. Poche ore prima c’era stato un incendio, così Kingsway era stata chiusa e il taxi lo ha lasciato qualche isolato prima. Un gruppo di militanti lo ha circondato e aggredito chiamandolo “fascista”, “razzista”. Fuori dalla London School of Economics c’erano molte guardie del corpo e poliziotti, e manifestanti con cartelli “Morris è un fascista” e “Vattene a casa”. All’uscita dopo la lezione il portavoce dell’ateneo chiese al pubblico di rimanere seduto per far uscire Morris in sicurezza. Se ne è andato da una porta secondaria. Morris era già stato costretto ad annullare una lezione all’Università di Cambridge. Questa ondata di antisemitismo sta scioccando il Regno Unito, perché questo era un paese fiero di non aver avuto ghetti per gli ebrei, pogrom, camere a gas o editti accademici antisemiti come in Germania. Ma adesso l’Inghilterra sembra destinata a nutrire questa nuova forma dell’odio più antico.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.