La sottomissione soft del Qatar

Giulio Meotti

L'Emirato usa la cultura per esportare l’islam in Europa. Moschee, università, dipinti, libri, tv: arriva un fiume di denaro senza fine

L’Economist lo ha definito “l’altro stato wahabita”. E’ il Qatar, piccolo clone dell’Arabia Saudita, ma persino più sinuoso come giano bifronte, riparo per predicatori islamisti che persino i sauditi considerano troppo radicali, ma anche oasi affollata di viziosi locali notturni. Un “puritanesimo soft”, così lo definisce l’Economist, viene da quello che fino a mezzo secolo fa era un paese di pescatori, poverissimo e fuori dai radar, ma che oggi è uno dei più ricchi del mondo (il pil pro capite è di 100 mila dollari) grazie agli ottanta milioni di tonnellate di gas liquido che il paese produce ogni anno.

 

 

Dalla Sicilia al Lussemburgo, l’emirato finanzia centri islamici. I “Doha Debates” della Bbc con i soldi della Qatar Foundation

L’emiro Tamim bin Hamad al Thani, a capo della potente dinastia qatariota, ha un progetto molto ambizioso: esportare l’islam politico in Europa, investendo non soltanto nei grandi asset economici noti alle cronache (Hochtief, Volkswagen, Porsche, Canary Wharf, e ora si parla del Monte dei Paschi di Siena), ma anche in cultura, plasmando moschee, università, centri culturali, gallerie d’arte, tv, giornali. La più grande moschea fuori dall’Arabia Saudita il Qatar ha in mente di costruirla a Barcellona. L’emiro ha messo gli occhi sulla Plaza Monumental, la ex arena per le corride che potrebbe diventare un luogo di culto islamico per 40 mila fedeli, con un minareto alto trecento metri. La moschea dovrebbe sorgere al fianco della Sagrada Família La Qatar Charity Foundation sta investendo molto anche in Italia, in Sicilia in particolare. “Stiamo realizzando un numero importante di progetti per un investimento di 2,3 milioni di euro”, recita un loro comunicato. “Sono progetti che riguardano centri islamici a Ispica, Catania e Messina”.

Il Qatar si muove con la stessa logica ovunque: in Tagikistan, dove ha finanziato con quattrocento milioni di dollari le moschee più grandi della ex Unione sovietica, così come nel piccolo stato africano del Gibuti, che ha ricevuto dieci milioni dal Qatar per un centro islamico.

Il Qatar spende molto nelle università europee. L’emiro ha donato 11 milioni di sterline al St. Anthony College di Oxford, dove insegna Tariq Ramadan, la star dei Fratelli musulmani sostenuti dalla monarchia qatariota, che finanzia anche il suo Tawhid Cultural Centre a Saint Denis, nel cuore della banlieue parigina. Il Qatar ha foraggiato la nascita della sezione islamica delle celebri edizioni inglesi Bloombsbury e dei “Doha Debates” sulla Bbc, in onda una volta al mese, finanziati dalla Qatar Foundation, dove si discute se la “lobby pro Israele” non abbia un po’ troppo potere negli Stati Uniti.

La Sorbona di Parigi ha firmato un accordo con il Qatar per seicentomila euro all’anno per far studiare i migranti siriani. Lo University College London ha aperto un campus nel Qatar, mentre il Margaret Thatcher Scholarship Trust alla Oxford University ha appena ricevuto una donazione da Doha di 4,3 milioni di dollari. E non ci si ferma qui: la University of Wales Lampeter ha ricevuto quasi due milioni di sterline, tanto da spingere l’allora premier Gordon Brown a elogiare “il legame fra le università inglesi e il Qatar”.

Ma che cosa vuole l’emiro? Il generale Jonathan Shaw, già vice capo di stato maggiore inglese, ha accusato il Qatar di aver “acceso la bomba a orologeria per diffondere l’islam radicale nel mondo”. Il giornalista americano ed esperto di medio oriente Stephen Suleyman Schwartz, che è diventato musulmano ed è responsabile del Centro per il pluralismo islamico di Washington, ha scritto che “il Qatar ha assunto il ruolo dell’Arabia Saudita. Sostiene la Fratellanza musulmana in medio oriente e in Europa. Quando finanzia una moschea a Copenhagen, l’obiettivo non è tanto quello di influenzare ciò che viene detto nella moschea. E’ importante per il Qatar per costruire una comunità, con una libreria e un ambiente circostante che favorisca la Fratellanza musulmana. Più in generale, il loro obiettivo è quello di creare zone parallele per i musulmani in Europa”.

La più grande moschea in Scandinavia è stata finanziata da al Thani. Come il primo luogo di culto islamico in Slovenia

Nabil Ennasri, presidente di un gruppo di attivisti musulmani chiamato Collectif des Musulmans de France, ha detto che il Qatar sta esercitando una profonda influenza sui musulmani in Francia: “La Francia ha una grande popolazione musulmana che un giorno svolgerà un ruolo importante nella politica francese. Investire in questa popolazione è negli interessi del Qatar”.

Il Qatar ha giocato un ruolo chiave nel rovesciamento del regime del colonnello Muammar Gheddafi in Libia, fornendo agli insorti islamici denaro, armi e uomini (stesso scenario in Siria contro il regime di Assad). Il Qatar ha fornito aiuto a gruppi terroristici come Hamas e ha allungato la mano a Omar al Bashir, il presidente del Sudan, che è stato incriminato per crimini di guerra in Darfur. “Noi non vogliamo né gli americani né i qatarioti: noi siamo liberi”, ha denunciato Mouldi Lfahem, funzionario del Partito progressista democratico della Tunisia, aggiungendo che “il Qatar vuole manipolare la rivoluzione per soddisfare i propri interessi grazie alla vicinanza con Ennahda (partito islamista, ndr)”.

I musulmani europei sono martellati ogni giorno dalla propaganda qatariota: il Qatar usa come suo megafono al Jazeera, che ha importato nel mondo arabo e in Europa il contraddittorio giornalistico, ma allo stesso tempo ha diffuso il verbo integralista. Sotto la presidenza di Nicholas Sarkozy, il primo coup de théâtre del Qatar è stato l’acquisto del Paris Saint-Germain, la squadra di calcio della capitale. Poi sono seguite partecipazioni in tante aziende francesi, la petrolifera Total, il costruttore Vinci, la società dell’acqua Veolia, Vivendi, il gigante dell’editoria Lagardère, la Société des Bains de Mer di Montecarlo, il costruttore aeronautico Eads, la multinazionale dei beni di lusso Lvmh. E poi palazzi simbolo della grandeur come la sede del Figaro, gli alberghi di lusso Carlton e Martinez a Cannes, il Palais de la Mediterranée a Nizza, il Concorde Lafayette, l’Hotel du Louvre ed il Royal Montceau a Parigi.

Ovunque in Europa stanno nascendo moschee finanziate dal Qatar. In Irlanda, il Qatar ha recentemente sostenuto la costruzione della prima mega-moschea. La popolazione musulmana nell’isola è cresciuta di dieci volte in venti anni, rendendo l’islam la religione in più rapida crescita nel paese. Il Centro culturale islamico è stato costruito su un sito di sei acri a Clongriffin, un nuovo sobborgo alla periferia nord di Dublino. Tre piani, fra cui un centro conferenze, un ristorante, una scuola, un centro fitness con palestra, una sauna, un bagno turco, una piscina olimpionica coperta, una libreria e tre blocchi di quattro piani di appartamenti.

Anche il primo minareto di Copenaghen è stato donato dal Qatar, che ha patrocinato la nascita della prima mega moschea della Scandinavia. Sorge a Norrebro, quartiere densamente islamizzato della capitale danese, ed è stata finanziata dall’emiro al Thani con 26 milioni di euro. Stesso scenario in Slovenia, dove due anni fa è stata posata la prima pietra della prima moschea nella capitale Lubiana. Diverse migliaia di persone hanno partecipato alla cerimonia, tra cui il primo ministro della Slovenia Alenka Bratusek, e il sindaco di Lubiana Zoran Jankovic. La proposta di una moschea era stata ostacolata dai funzionari locali, alcuni dei quali hanno cercato di proporre un referendum sulla questione nel 2004. La moschea ha un costo di circa dodici milioni di euro, gran parte dei quali provengono da una cospicua donazione che arriva dal Qatar. In Francia, il Qatar si espande tramite l’Unione organizzazione islamiche di Francia (in Italia c’è l’Ucoii). Alle sue conferenze, l’imam qatariota Yussuf al Qaradawi era sempre atteso come un messia prima che le autorità francesi lo attenzionassero per la sua chiamata al jihad, la guerra santa. La moschea Assalam a Nantes, amministrata dalla Associazione islamica della Francia occidentale, è stata in gran parte finanziata dal Qatar. E’ costata 4,4 milioni di euro. E’ successo anche per la moschea a Mulhouse, in cui il Qatar ha speso due milioni. A Marsiglia, l’emirato dovrebbe coprire il 25 per cento dei ventidue milioni di euro necessari per la futura grande moschea in grado di ospitare fino a quattordicimila fedeli.

Ha foraggiato i libri di intellò come Edwy Plenel, il fondatore del sito d’inchiesta Mediapart. Premi al vignettista Plantu

Il Qatar finanzia gli istituti scolastici islamici, come il liceo Averroè. A Lilla, estremo nord della Francia, a pochi minuti di treno dal Belgio, sorge il Lycée-Collège Averroès, al secondo piano di un edificio di architettura fiamminga che ospita la Lega islamica del nord, sopra alla moschea al Iman e alla libreria musulmana. Al piano di sopra, la sala di preghiera riservata alle donne, e la scuola coranica. E’ la prima scuola superiore privata musulmana in Francia. Uno dei suoi insegnanti, Soufiane Zitouni, si è dimesso con un editoriale durissimo sul quotidiano Libération, in cui Zitouni accusa la sua scuola di essere infarcita di “antisemitismo, settarianesimo e islamismo”. Di origini algerine, docente di filosofia, Zitouni ha scritto che non poteva più tollerare quanto vedeva ogni giorno nel liceo, definito “territorio islamico finanziato dallo stato”. I mecenati del Qatar sono stati attivi nella creazione di questo istituto.

Al Thani è bravissimo a usare i suoi contatti con i politici europei per costruire moschee nel Vecchio continente. L’ex ministro laburista Jack Straw, ad esempio, ha scritto una lettera di presentazione per il suo amico e alleato politico, Lord Patel, per convincere l’emiro al Thani a donare 1,5 milioni di sterline, la metà del totale necessario per costruire una grande moschea nella sua circoscrizione, Blackburn. La Qatar Charity, uno dei bracci della monarchia per le sue attività filantropiche, ha anche finanziato la creazione del primo centro islamico in Lussemburgo, Le Juste Milieu. Il centro è stato aperto dallo sceicco al Thani e comprende una moschea, una scuola, un centro legale e un centro educativo per i giovani. Il Qatar ha provveduto al 75 per cento dei fondi. Alla cerimonia hanno partecipato anche il sindaco della città di Lussemburgo Lydie Polfer e l’arcivescovo Jean-Claude Hollerich.

Ogni anno spende un miliardo di dollari per l’acquisto di opere d’arte: l’ultima conquista, “I giocatori di carte” di Cézanne

Il Qatar ha messo gli occhi anche su una serie di personalità culturali. Com’è spiegato nei dettagli dal libro “Qatar-France, une décennie de diplomatie culturelle”, il Qatar ha pagato viaggi e assegnato premi a ex ministri della Cultura come Frédéric Mitterrand e Jack Lang, l’ex sindaco di Parigi Bertrand Delanoë, l’ex primo ministro Michel Rocard e soprattutto l’intellighenzia di sinistra: Régis Debray, Tahar Ben Jelloun, Emmanuel Todd, Jean Daniel e il vignettista Plantu, firma di punta del Monde che ha ricevuto il premio Doha (diecimila euro) dalle mani dell’ambasciatore del Qatar a Parigi, Mohamed al Kuwari. C’è poi Edwy Plenel, l’ex direttore del Monde che ha fondato Mediapart, il cui libro, “Per i musulmani”, è appena distribuito in arabo dal Doha Magazine e curato e voluto dal ministero della Cultura del Qatar. Sono i dhimmi della gauche che svendono la libertà di espressione.

La scorsa estate, il settimanale francese Nouvel Observateur si è autocensurato, decidendo di non distribuire in Qatar la sua edizione dell’11 agosto 2016 dedicata al “sesso, ultimo tabù”. In copertina, l’Obs aveva pubblicato il quadro dell’“Origine del mondo” di Gustave Courbet nel 1866. Stessa sorte per i seni cubisti di Picasso in mostra a Doha.

La famiglia al Thani ha di recente sponsorizzato la mostra di Damien Hirst, spostandola a Doha, dove sono state esposte opere di Warhol, Bacon, Rothko, Koons e Hirst. E non molto tempo fa, il Qatar ha acquistato un dipinto di Paul Cézanne, “I giocatori di carte”, per più di 250 milioni di dollari. E’ il prezzo più alto mai pagato per un’opera d’arte. Il Qatar aveva poco prima finanziato una mostra di Takashi Murakami al Palazzo di Versailles. L’emirato islamico ha ospitato anche un forum mondiale che ha attirato artisti, curatori e mecenati dai principali musei in tutto il mondo. Il Qatar spende ogni anno un miliardo di dollari in opere d’arte. Per capirci, il Museum of Modern Art di New York investe ventuno milioni di dollari, cinquanta volte meno dell’emirato islamico. Per ristrutturare il Museo nazionale di Doha, il Qatar ha arruolato una superstar come l’architetto Jean Nouvel. E come se non bastasse, ha pure assunto il direttore di Christie’s Edward J. Dolman per metterlo a capo dei musei nel deserto della penisola arabica.

Nel piccolo emirato di al Thani, la soumission occidentale all’islam supera la fantasia dell’avveniristico romanzo di Michel Houellebecq.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.