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I dati che smentiscono i presagi nefasti dei meteo-economisti sulla Brexit

Mario Sechi

Il Regno Unito nel quarto trimestre del 2016 segna più 0,6 per cento e conferma il primato della crescita tra le economie avanzate. Gli inglesi confermano uno spirito di reazione e un'autostima sorprendenti

 

Santi Timoteo e Tito

 

Brexit e meteo-economisti. E’ un’altra giornata durissima per i meteo-economisti della Brexit. Avevano previsto disastri che avrebbero ridotto gli inglesi a pane e acqua e le loro visioni si sono materializzate in una crescita costante dell’economia inglese e un tasso di disoccupazione al minimo storico. Gli ultimi dati dell’Ufficio nazionale di statistica sulla produzione sono usciti oggi e battono le stime fatte dagli analisti: il Regno Unito nel quarto trimestre del 2016 segna più 0,6 per cento e conferma il primato della crescita tra le economie avanzate. Tutti gli scenari di rottura dell’economia inglese con la vittoria del Leave sono evaporati come un bicchier d’acqua esposto al sole di mezzogiorno nel Sahara. Questo non significa che il Regno Unito non possa avere un contraccolpo anche pesante in futuro – quando ci sarà la Brexit sul serio e non virtuale come ora – ma dà una misura sull’attendibilità dei modelli di analisi proposti finora, hanno sopravvalutato la paura e sottovalutato il clima sociale e il comportamento dei consumatori inglesi. La sterlina è crollata? Certamente, ma in uno scenario dell’economia internazionale così mobile, anche questo effetto potrebbe avere delle conseguenze inattese. Gli inglesi sono isolani, non bisogna mai dimenticarlo, hanno uno spirito di reazione sorprendente e un’autostima tale da sconfinare nel surreale, un’idea di se stessi in base alla quale sono capaci di cose straordinarie, nel bene e nel male. Sir Laurence Olivier soleva dire: “Come la maggior parte dei miei compatrioti ho la ferma convinzione che Dio sia un inglese e che molto probabilmente Gesù Cristo abbia studiato a Oxford”.

 

Trump e May. E in questo scenario che Theresa May incontrerà Donald Trump a Washington. Il mondo corre, là fuori succedono cose veloci. Prima di entrare domani alla Casa Bianca, stasera a Philadelphia il premier inglese incontrerà i leader repubblicani e terrà un discorso in cui sosterrà il rilancio della “relazione speciale” con gli Stati Uniti per “guidare insieme il nuovo mondo”. Parole chiare, certamente piene di retorica e buone intenzioni, tutte da provare sul banco della storia, tuttavia indicano una direzione. La Brexit ha un’exit che prima di Trump non aveva. E’ un’occasione, non una certezza. Come The Donald e il suo sottosopra accelerato.

 

Trump, i 20 mila punti del Dow Jones e il Muro. Per la prima volta nella storia l’indice Dow Jones chiude sopra i ventimila punti. E’ l’effetto Trump che dall’election day a oggi ha messo a segno un rally di borsa che ha un solo precedente migliore: Kennedy nei primi anni Sessanta. Sui giornali italiani questo dato – a eccezione del Sole 24Ore e di Milano Finanza – finisce negli occhielli (che non legge nessuno) dei titoli che invece vengono dedicati ai “muri di Trump”. Nota sul taccuino del titolare di List: il muro con il Messico esiste già, i lavori cominciarono con Bill Clinton nel 1994 e furono ampliati dal Secure Fence Act del 2006 firmato da George W. Bush con il voto di 25 senatori democratici, tra cui due note conoscenze: Hillary Clinton e Barack Obama. Tutto perdonato, tutto dimenticato.

 

Il Paludellum. La retromarcia inserita dopo il No al referendum costituzionale del 4 dicembre continua a produrre effetti psichedelici. Ieri la Corte Costituzionale ha dato il suo contributo: si torna al Porcellum o, se volete un nuovo conio, al Paludellum. Turno unico, proporzionale e premio di maggioranza tra l’irreale e il surreale. Nessuna lista oggi – domani si vedrà – ha il potenziale per toccare quota 40. Il premio per essere applicabile nella realtà politica italiana avrebbe dovuto puntare sopra quota trenta, ma questo significava aprire la partita del governo anche ai 5Stelle. In queste condizioni, si spiana la strada a un governissimo (parola grossa) tra Renzi e Berlusconi. Lo fanno i tedeschi, possiamo farlo noi. Certo, con una piccola differenza: gli italiani non sono tedeschi. Merkel e Gabriel hanno siglato un patto scritto di 183 pagine. Ora mettete insieme in una stanza Berlusconi, Renzi (e forse Salvini) e immaginate quale magnifico patto scritto possano partorire. L’ottimismo è pericoloso quando conduce a salti nel vuoto senza paracadute. Non essendoci alcun vincolo di coalizione – né prima né dopo – comincia una stagione dove il dopo voto diventa uno spettacolo da coalizione mediorientale, un suk con potenziali deviazioni da laboratorio alchemico. In teoria il Paludellum può diventare un Exitellum, infatti è possibile ritrovarsi il giorno dopo con una maggioranza sovranista (Lega + 5Stelle + Fratelli d’Italia) che potrebbe andare a Palazzo Chigi al grido di No Euro e facciamo l’Exitaly. Possibile? Con le mani libere tutto è possibile. Colonna sonora di Renzo Arbore: indietro tutta, l’Italia è in piena fase Discao Meravigliao.

 

26 gennaio. Nel 1861 la Louisiana secede dagli Stati Uniti d'America. La rivolta fu guidata dal governatore democratico Thomas Overton Moore.

 

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